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Prezzo del petrolio stabile sopra i 50 dollari, in arrivo nuovi tagli alla produzione

Il compromesso tra Arabia Saudita e Russia va incontro unicamente alla domanda interna degli alleati Opec. Per il resto, proseguono i tagli alla produzione – e l’Arabia Saudita si conferma in testa

Pompe petrolio Fonte: Bloomberg

Il 2021 si apre con buone notizie sul fronte delle materie prime, con il prezzo del petrolio che si mantiene al di sopra della soglia dei 50 dollari al barile – faticosamente riconquistata dopo dieci mesi, da quando, complice la pandemia di covid-19 e la guerra dei prezzi tra Russia e Arabia Saudita, il prezzo del greggio era arrivato a toccare i minimi storici, con il Wti statunitense sprofondato addirittura al di sotto dello zero.

L’Opec verso nuovi tagli alla produzione di petrolio

Al tempo (aprile 2019), la soluzione per far tornare il prezzo del petrolio a livelli accettabili fu quella di istituire dei tagli alla produzione coordinati tra tutti i principali esportatori di petrolio.

Il G20 Energia del 10 aprile stabilì tagli per circa il 10% della produzione mondiale di petrolio, da ridurre gradualmente nell’arco di due anni. Anche gli Usa, dopo le prime rimostranze, finirono per adeguarsi al regime dei tagli alla produzione (con 3,77 milioni di barili esportati al giorno, gli Stati Uniti sono al quarto posto tra i principali esportatori di petrolio dopo Arabia Saudita, Russia e Iran, mentre sono i primi al mondo per produzione, con oltre 19,4 milioni di barili al giorno).

Nei primi giorni dell’anno tuttavia sono tornate a salire le tensioni tra Arabia Saudita e Russia (la prima, leader de facto dell’Opec; la seconda, principale paese alleato dell’organizzazione). Durante il primo incontro annuale dell’anno, che si è tenuto tra il 4 e il 5 gennaio, i livelli di produzione torneranno comunque ad aumentare - non al livello che si attendeva Mosca, ma comunque troppo risptto a quanto desiderato da Riad.

La strada verso il graduale ritorno ai normali livelli di produzione si fa sempre più lunga, in considerazione della seconda ondata di covid-19 che pone di nuovo dubbi sulla ripresa a pieno ritmo di attività e, soprattutto, di voli – in sostanza, sulla domanda di petrolio.

Stando all’ultimo piano, stabilito a dicembre, all’inizio di gennaio 2021 la produzione di greggio sarebbe dovuta tornare a salire (i tagli, a questo punto, sarebbero dovuti diminuire da 7,7 milioni di barili al giorno a 7,2 milioni di barili). La nuova situazione pandemica rallenta invece il processo: il vertice Opec+ ha stabilito che, a marzo, la produzione aumenterà leggermente rispetto ai livelli attuali di 120 mila barili rispetto a febbraio (corrispondenti a 7,05 milioni di barili in meno al giorno) e 195 mila barili rispetto a gennaio (7,125 milioni di barili in meno a febbraio).

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Le rimostranze sono arrivate soprattutto da Russia e Kazakhstan, i principali pesi massimi tra gli alleati dell’Opec. Questi ultimi potranno dunque riservarsi la possibilità di aumentare la propria produzione di 150 mila barili al giorno complessivi, unicamente però per far fronte all’aumento della domanda interna nei mesi invernali. In compenso, l’Arabia Saudita continuerà a tagliare la propria produzione oltre i livelli prestabiliti (8,125 milioni di barili in meno al giorno).

L’Opec+ si riaggiorna a marzo, in occasione del prossimo meeting in programma per il 3 e 4 del mese, quando deciderà sui livelli di produzione a partire da aprile, in base all’andamento dei fondamentali.

Come ha reagito il prezzo del petrolio?

Il compromesso ha giovato al prezzo del barile. Già da martedì, al momento dell’annuncio dell’accordo, i futures sul Brent sono aumentati di circa 29 centesimi, arrivando a 51 dollari al barile, mentre il Wti (benchmark statunitense) avanzava di circa 38 centesimi.

Tra le nubi all’orizzonte regnano i timori per l’andamento del covid-19: secondo Fitch Solutions, che prevede una media delle quotazioni del Brent nel 2021 a 53 dollari, “la crescita della domanda a breve termine è in stallo a causa della diffusione di Covid-19 in Nord America, in Europa e nel Medio Oriente, e probabilmente vedrà cali più notevoli nel corso dei prossimi mesi”.

Proseguono inoltre le tensioni per il sequestro di una nave sudcoreana da parte dell'Iran, membro Opec, che afferma di vantare con Seul un credito di 7 miliardi di dollari.

Al momento il Brent perde lo 0,15% ma si mantiene sui 54,22 dollari al barile mentre il Wti viene scambiato per 50,66 dollari al barile.

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