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Quotazioni del petrolio tornano sotto i 70 dollari ma restano ai massimi da oltre un anno

Il Brent torna a scivolare intorno ai 68 dollari al barile, il Wti si muove sui 65 dollari. Tornano a salire le tensioni geopolitiche, disattese le previsioni sul meeting Opec+

Trivelle petrolio Fonte: Bloomberg

Le quotazioni del petrolio perdono quota, ma restano ai massimi dal gennaio 2020. In avvio della sessione di mercato statunitense il Wti viaggia in calo dell’1,24% a 65,27 dollari al barile mentre il Brent scende dell’1,18%, a 68,54.

Cosa sta spingendo il prezzo del petrolio?

Il barile torna dunque sotto la soglia dei 70 dollari. A spingere i rialzi, nelle prime ore della mattinata, un attacco alle strutture di Saudi Aramco, compagnia petrolifera di bandiera saudita, rivendicato dai ribelli yemeniti Huti.

Stando a quanto riportato dal ministro dell’Energia saudita, i ribelli avrebbero preso di mira un parco serbatoi di uno dei più grandi porti. L’attacco sarebbe stato condotto tramite un drone e un missile balistico e non avrebbe provocato vittime o feriti, per quanto alcuni frammenti del missile siano caduti nelle aree residenziali dei dintorni.

“Un attacco del genere non prende di mira solo l’Arabia Saudita, ma anche la sicurezza e stabilità delle scorte energetiche globali e, dunque, l’economica globale” ha dichiarato il ministro dell’Energia, il principe Abdulaziz bin Salman. Dichiarazioni che assumono un peso ben definito, all’indomani del meeting dell’Opec+ della scorsa settimana.

“Promettiamo al regime saudita operazioni dolorose almeno fino a quando continuerà (a sostenere) aggressioni ed embargo nel nostro paese” risponde Yahya Sare’e, portavoce degli Huti yemeniti.

La tensione tra i ribelli Huti e Riad è tornata ad alzarsi nelle ultime settimane. Già a metà febbraio, l’Arabia Saudita aveva annunciato di aver intercettato un attacco alle scorte di petrolio di Saudi Aramco – quella volta prima che potesse arrivare a destinazione.

Come si è concluso il meeting Opec+?

Nel frattempo, se il ministro dell’Energia ha tentato di far leva sulla rilevanza a livello globale di un attacco alla produzione saudita, ne ha ben motivo.

Riad, leader di fatto dell’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, continua infatti a godere della posizione di privilegio che l’essere tra i primi produttori di petrolio al mondo le garantisce.

Nonostante infatti i paesi dell’Opec+, nella riunione del 4 e 5 marzo, abbiano concordato nel mantenere i tagli alla produzione al ritmo attuale (7,8 milioni di barili in meno al giorno), Riad continua ad aumentare di fatto il volume della diminuzione: anche per aprile, Saudi Aramco estrarrà un ulteriore milione di barili in meno rispetto ai tagli già disposti in sede Opec+, abbassando la produzione mondiale di fatto a quasi nove milioni di barili in meno al giorno.

Disattese dunque le aspettative per la riunione di marzo. Analisti e indiscrezioni stampa avevano infatti lasciato trapelare la possibilità che i tagli alla produzione potessero tornare ad allentarsi, anche se i maniera graduale. Reuters aveva parlato di un possibile aumento di 500.000 barili di petrolio al giorno, per andare incontro soprattutto alle richieste della Russia.

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