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Petrolio ai minimi da ottobre 2017, dopo aver testato un picco a ribasso in area 50 dollari al barile. Con un avvio di aggiornata del Crude poco al di sopra dei $51 (con un rialzo sopra il mezzo punto percentuale), l’attenzione resta alta sulle decisioni che prenderanno il prossimo 6 dicembre i principali produttori di petrolio nel vertice Opec di Vienna.
Intanto, su Twitter, il Presidente Donald Trump rende nota, in tono provocatorio, la propria soddisfazione...
“Molto bene che i prezzi del petrolio siano in calo (Grazie Presidente T). A tutte le altre buone notizie economiche, aggiungerei che (tale calo delle quotazioni del petrolio n.d.r.) è come un grande taglio delle tasse. L’inflazione va verso il basso (stai ascoltando, Fed?)”.
Il prossimo 18-19 dicembre il Fomc, comitato esecutivo della Fed, si riunirà per deliberare sull'atteso quarto rialzo dei tassi d'interesse 2018: un rialzo del costo del denaro (già scontato dai mercati) tende a frenare il rialzo dei prezzi medi.
Petrolio: dinamica del calo del 35%
Rispetto al picco di inizio ottobre 2018 (sui massimi da quattro anni, in area $76 b/d), il petrolio ha perso circa il 35% del proprio valore.
Tra le questioni più dibattute sul mercato odierno, la possibilità di un taglio dell’output di petrolio da 1,5 milioni di barili al giorno, che potrebbe esser votato dall’Opec nel prossimo vertice del 6 dicembre. Politiche di taglio, queste, concordate assieme alla Russia, formalmente non interna all’Organizzazione.
Petrolio: non solo Trump. Fattore chiave: la Cina
L’approssimarsi della stagione invernale, assieme al decumulo delle scorte di benzina statunitensi (rilevate la scorsa settimana) potrebbero giocare nel breve termine come fattore rialzista alle quotazioni, mentre continua a gravare sui prezzi l’incognita crescita economica e la mole della domanda di materia prima da parte della Cina (che attualmente consuma circa 13 milioni di barili al giorno). Oltre al mero utilizzo legato alla produzione industriale e al sostentamento energetico, il Dragone ha via via incrementato le proprie scorte di greggio per sostenere il piano militare di proporsi come una delle più grosse potenze al mondo, secondo il progetto del presidente cinese, Xi Jinping.
L’eccesso di output sul mercato del petrolio, causa principe del recente ribasso dei prezzi del greggio, pesa sulle società che operano nei comparti dell’estrazione e della raffinazione, che incontrano maggior difficoltà ad operare sul mercato. Non è tutto: se da un lato il ribasso del greggio diminuisce la possibilità di un incremento dell’inflazione (e quindi dei prezzi applicati al consumatore finale), rendendo più conveniente per i produttori industriali il rifornimento di combustibile, è d’altronde vero che livelli eccessivi di offerta sono in parte sintomatici di una minor domanda da parte dell’economia, indice di un rallentamento della produttività complessiva.
Petrolio: Eni e Saipem guardano alle rinnovabili (solare ed eolico)
Mentre il petrolio cerca il rialzo dal livello dei $50, le italiane Eni e Saipem hanno ampliato la propria view oltre i combustibili fossili, dedicandosi al rinnovabile: mentre Eni ha inaugurato un campo fotovoltaico in Algeria con la compagnia locale Sonatrach, Saipem sta concorrendo per ottenere la commessa da Edf per l’installazione di parco eolico off shore in Scozia.