Queste informazioni sono state preparate da IG Markets Limited e IG Europe GmbH (di seguito "IG"). Oltre alla liberatoria riportata di seguito, il materiale presente in questa pagina non contiene uno storico dei nostri prezzi di trading, né alcuna offerta o incentivo a operare nell’ambito di qualsiasi strumento finanziario. IG declina ogni responsabilità per l’uso che potrà essere fatto di tali commenti e per le conseguenze che ne potrebbero derivare. Non forniamo nessuna dichiarazione o garanzia in merito all’accuratezza o la completezza delle presenti informazioni, di conseguenza, chiunque agisca in base ad esse, lo fa interamente a proprio rischio e pericolo. Eventuali ricerche fornite non intendono rispondere alle esigenze o agli obiettivi di investimento di un soggetto in particolare e non sono state condotte in base ai requisiti legali previsti per una ricerca finanziaria indipendente e, pertanto, devono essere considerate come una comunicazione di ambito marketing. Anche se non siamo sottoposti ad alcuna limitazione specifica rispetto alla negoziazione sulla base delle nostre stesse raccomandazioni, non cerchiamo di trarne vantaggio prima che queste vengano fornite ai nostri clienti. Vi invitiamo a prendere visione della liberatoria completa sulle nostre ricerche non indipendenti e del riassunto trimestrale.
Equity 2018 in mano agli orsi, da ambo le parti dell’oceano. Qual è il bilancio di un anno in perdita sui principali listini mondiali?
Se si guarda ai soli livelli d’apertura e chiusura d’anno la performance degli stocks cinesi batte tutti in senso negativo: le azioni del Dragone (Shanghai Composite) sono calate nel 2018 del 25%, scontando parimenti le pressioni commerciali volute dagli Stati Uniti ed il rallentamento della crescita economica, specie quella di Pechino. Male anche la performance di Hong Kong, con l’indice Hang Seng in discesa del 15%.
Non meglio è andata all’indice Nikkei: il paniere di Tokyo ha registrato nel 2018 la prima chiusura d’anno negativa dal 2012 (oltre il -12%), risentendo dei timori legati al venir meno della Cina come principale locomotore economico mondiale.
Cambia il mercato di riferimento, ma non il segno della performance complessiva: l’equity dello zia Sam ha concluso il 2018 con il peggior dicembre dal 1931, registrando su base annua cali rispettivamente del 6 e del 7 per cento sui panieri Dow Jones e S&P 500.
Sorte poco migliore è toccata al paniere tecnologico Nasdaq, in calo su base annua di poco meno del 3%. A destare preoccupazione, più che il dato in sé è la rilevazione su base bimestrale: rispetto ai livelli raggiunti a inizio ottobre, l’indice ha perso in due mesi il 17%, risentendo della volatilità che ha colpito il settore tecnologico, derivante sia dalla diatriba Cina-Stati Uniti (è il caso di Apple), sia da dinamiche proprie aziendali (ad esempio, Facebook).
Dopo aver effettuato quattro rialzi dei tassi nel 2018, il mercato si chiede quale sarà la reazione di medio periodo dell’economia americana ad una politica restrittiva da parte della Federal Reserve. Il rischio di una futura recessione (sottolineato anche dall’inversione della curva dei rendimenti per titoli a scadenze inferiori) potrebbe disseminare la strada dell’equity Usa di nuovi ostacoli.
Stretta in mezzo ai due poli economici di Xi Jinping e Donald Trump, l’Europa ha confermato un risultato 2018 ove a prevalere è stato il segno rosso. L’Euro Stoxx è calato da inizio anno del 14%, a metà tra il -12% FTSE 100 britannico ed il -16% del FTSE Mib italiano. Sul primo dei due, pesano oggi i rischi legati alla Brexit, che dal 29 marzo 2019 dovrebbe (salvo colpi di scena) cambiare la geografia dell’Unione europea; sulla seconda, permane invece l’incognita politica.
Ribassi del 10,5% per il Cac 40 francese, del 15% per l’Ibex spagnolo e del 18% per il Dax tedesco, tornato a prezzare sui minimi a due anni.
Menzione a parte, merita in tal caso la performance registrata dal comparto bancario: le banche europee hanno perso complessivamente, in media, il 25% del proprio valore, incassando il peggior anno dalla crisi dell’Eurozona (2010). Il paniere italiano FTSE Italia All Share Banks si è lasciato indietro il 30%, mentre maglia nera a Francoforte è andata a Deutsche Bank, il picchiata a -56%.