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Mancano ormai poche ore al primo grande appuntamento di questo 2019 che si presenta tutt’altro che facile. Questa sera a partire dalle 20 (ora italiana), il premier inglese, Theresa May sottoporrà al voto del Parlamento l’accordo raggiunto con l’Unione europea che regola la “Brexit”, ovvero l’uscita del Regno Unito dalla Ue. Secondo gli ultimi sondaggi, l’accordo dovrebbe essere bocciato, aprendo a una fase di incertezza con diversi scenari che rappresentano di fatto territori inesplorati in vista del 29 Marzo, giorno in cui è prevista l’uscita del Regno Unito dalla Ue.
L’accordo
Nonostante non ci siano dei sondaggi ufficiali sul voto di questa sera, sembrerebbe essere quasi certa la bocciatura del piano della May. L’accordo non soddisfa nessuno: né coloro che sono favorevoli al Remain né i Brexiteers (i sostenitori della Brexit più dura). Il punto più discusso riguarda la clausola sui confini in Irlanda, la cosiddetta clausola di backstop, la quale prevede che, in caso di mancato accordo definitivo tra le parti al termine del periodo di transizione (dicembre 2020), tra Irlanda del Nord e Irlanda rimarrà l’unione doganale.
Dei 650 membri del Parlamento saranno 639 quelli che potranno accedere al voto. Occorreranno almeno 320 voti a favore per l’approvazione dell’accordo della May. Questo implicherebbe che tutti i membri del partito Conservatore (317) e una parte di quelli del partito unionista DUP (10) dovrebbero sostenere l’accordo. Purtroppo la spaccatura interna al partito di Theresa May, apertasi l’estate scorsa, ha reso tutto così incerto.
Gli emendamenti
Prima del voto all’accordo May saranno votati alcuni emendamenti che potrebbero modificare notevolmente gli scenari. Tra i più importanti e significati da tenere sotto controllo vi è l’emendamento portato avanti dal conservatore Andrew Murrison che fissa una data precisa per la scadenza del backstop a dicembre 2021 (un anno dopo il periodo di transizione). Anche in caso di bocciatura del piano May, un voto favorevole a questo emendamento potrebbe permettere alla premier di rinegoziazione con la Commissione Europea al fine di mettere nero su bianco una data specifica della fine del backstop. Potrebbe essere una via d’uscita all’impasse attuale, anche se deve esserci la disponibilità della Ue a modificare l’attuale accordo e comunque deve trovare il sostegno del Parlamento britannico. Al momento tale emendamento è sostenuto dai conservatori ma non ancora dal DUP.
Gli scenari
Se un voto favorevole all’accordo May permetterebbe al Regno Unito di seguire un percorso ben definito (uscita il prossimo 29 marzo a cui seguirà un periodo di transizione fino a dicembre 2020), la stessa cosa non può dirsi in caso di una bocciatura dello stesso. Questa eventualità, tra l’altro molto probabile, riaprirebbe un po’ a tutti gli scenari, alla luce anche degli emendamenti votati la scorsa settimana e quelli che saranno votati stasera. Tra gli emendamenti già votati, vale la pena ricordare quello secondo cui, in caso di bocciatura, la May avrebbe a disposizione soli 3 giorni lavorativi per tornare in Parlamento con un piano B (entro il 21 gennaio).
Ed è a questo punto che potrebbero aprirsi due distinti scenari complessi e contrapposti. Posto che l’accordo May è l’unico possibile e che la Ue non cederà sul backstop, gli scenari che si avrebbero sono:
1) No Deal
L’ipotesi di un’uscita senza accordo rimane certamente quella di default, la via naturale a cui si può arrivare nel caso di un Parlamento spaccato sul destino del Regno Unito. La possibilità, però, che si realizzi questo scenario rimane ancora residuale, dato che la maggioranza del Parlamento vuole evitare che venga seguita la strada certamente più difficile per il Paese e i cittadini, con pesanti ripercussioni economiche.
2) No Brexit
L’Unione europea ha fatto sapere che il Regno Unito può fare un passo indietro unilateralmente entro il 29 marzo. Il percorso che porterebbe alla realizzazione di questo scenario rimane tutt’altro che lineare. Va altresì precisato che richiederebbe una legittimazione del Parlamento o popolare (secondo referendum). Si aprirebbero così due sotto scenari:
- Ritorno alle urne Il leader dei Laburisti, Jeremy Corbyn potrebbe approfittare della sconfitta della May e del caos che si genererebbe per sfiduciare il governo. Un’ipotesi questa che aprirebbe a un ritorno alle urne. Il nuovo esecutivo potrebbe chiedere così un secondo referendum o votare a maggioranza una No Brexit. Il risultato del referendum del 2016 verrebbe superato da un governo eletto dal popolo;
- Secondo Referendum Questa opzione è percorribile, anche se restano ancora forti dubbi su come porre il quesito, senza ignorare il risultato del precedente referendum. L’ipotesi di un secondo referendum potrebbe essere richiesta anche da un eventuale nuovo esecutivo dopo il ritorno alle urne.
Entrambi gli scenari richiederebbero uno slittamento della partenza della Brexit, (anche il “No Deal” prevedrebbe la rielaborazione di tutte le leggi che il Regno Unito ha recepito nel corso del tempo). L’estensione temporale sarà sostenuta dalla Ue, a patto che i colloqui siano proficui. A tal proposito le elezioni europee di fine maggio complicano tutto il processo. Probabilmente un’estensione fino al 30 giugno potrebbe essere alla portata. Oltre tale termine il processo sarebbe complicato dall’insediamento del nuovo parlamento a Bruxelles, previsto per il 2 luglio. Il Regno Unito ha già lasciato intendere che sia in caso di nuove elezioni politiche sia nel caso di un nuovo Referendum, lo slittamento non potrà essere inferiore ai 6 mesi. Insomma, tutto il processo è destinato a complicarsi.
Impatto sui mercati
Gli eventi delle prossime ore potrebbero avere un impatto sui mercati finanziari globali. L’asset più influenzato sarà la sterlina, vero barometro delle tensioni e dei timori degli investitori che già negli ultimi mesi è finita sotto pressione man mano che le aspettative di una sconfitta per la May iniziavano a crescere. In questo momento, crediamo che la sconfitta sia quasi totalmente incorporata nei prezzi. Gli operatori rimangono in attesa degli sviluppi successivi al voto. Gli scenari sopra delineati, No Deal – No Brexit, rappresentano rispettivamente la soluzione peggiore e quella migliore, con le soluzioni intermedie (Soft Deal e Hard Brexit) con bassissime probabilità di realizzazione.
Nel caso in cui nei prossimi giorni dovesse profilarsi lo scenario No deal, ci aspettiamo un deprezzamento violento della sterlina, con il cambio GBP/USD che potrebbe scendere fino a 1,20 anche molto rapidamente, mentre quello EUR/GBP potrebbe tornare a vedere i massimi di ottobre 2016, a quota 0,94. Questi due livelli potrebbero rappresentare la prima parte di un movimento più ampio che nei prossimi mesi potrebbe portare a un deprezzamento importante della divisa britannica. Tale movimento sarebbe più evidente verso dollaro e meno forte verso euro, dato che la moneta unica condividerebbe in parte le incertezze economiche legate al Regno Unito.
Sotto pressione finiranno anche il FTSE 100 e tutte le azioni quotate a Londra. Verrebbero colpiti un po’ tutti i settori, a partire da quello finanziario e quello industriale. L’attesa di una catastrofe economica penalizzerebbe il sentiment degli investitori a tal punto che l’indice FTSE100 potrebbe piombare verso i minimi del 2016, a 5.500 punti.
Nel caso di uno scenario di No Brexit, la situazione potrebbe essere diametralmente opposta, con forti acquisti sulla sterlina e a cascata tutti gli asset britannici. Il potenziale upside sarebbe veramente importante, con la sterlina che recupererebbe tutto il terreno perso a causa dell’incertezza partita da lontano giugno 2016.
Vista la portata dell’evento, è lecito attendersi che l’effetto si propaghi sui mercati globali, con un impatto considerevole per quelli europei. Un scenario di No Deal potrebbe sciogliere gli ultimi dubbi sul rialzo dei tassi della Bce e della Fed, con entrambe le banche centrali costrette a rimanere ferme in attesa di valutare l’impatto sull’economia reale.
Conclusioni
Sono passate appena due settimane dall’inizio di questo 2019 e gli investitori dovranno fare già i conti con uno dei grandi rischi dell’anno, la Brexit. L’evoluzione degli eventi ha portato ad aumentare le probabilità per due scenari opposti tra loro, No Deal e No Brexit, con le soluzioni intermedie (Soft Deal e Hard Brexit) con basse chance di realizzazione. La portata dell’evento è tale per cui un’eventuale No Deal potrebbe avere forti ripercussioni su tutti gli asset finanziari globali, oltre che sull’economia reale. Anche le Banche centrali potrebbero modificare le proprie strategie di politica monetaria in caso di realizzazione dello scenario peggiore.