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Guarda la performance di alcune grandi aziende negli ultimi 10 anni.

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I risultati ottenuti nel passato non costituiscono un'indicazione o una garanzia di risultati futuri. I dati si riferiscono al periodo compreso tra il mer 30 set 2009 e il lun 30 set 2019

Quali sono le migliori azioni del FTSE Mib su cui investire?

L’ultimo decennio è stato caratterizzato da profondi cambiamenti socio-economici che hanno avuto un impatto considerevole sui mercati finanziari e, in particolare, sul FTSE MIB. A partire dalla crisi finanziaria del 2008-2009, infatti, abbiamo assistito a un serie di eventi che hanno segnato in vario modo l’andamento in borsa di alcune società. Dallo scampato default della Grecia, alla Brexit, passando per l’instabilità politica italiana, il crollo del greggio e le misure ultra espansive delle Banche centrali, sono solo alcune delle tappe che hanno scandito il tempo in borsa negli ultimi 10 anni.

Ma come si sono comportate le società del FTSE MIB? Abbiamo riportato le 5 storie più interessanti che negli ultimi anni hanno catturato l’interesse degli investitori sul principale listino di Piazza Affari. Non potevamo non partire da Fiat Chrysler Automobile, che ha vissuto un periodo di splendore grazie alle decisioni strategiche del suo ex manager, Sergio Marchionne. Siamo passati poi alle banche, colpite come tutto il settore prima dalle tensioni sullo spread, poi dai crediti deteriorati (NPL) e, infine, dai tassi d’interesse ultra bassi delle Banche centrali. Infine, non potevano mancare Eni, la più grande holding italiana, e Juventus, tutt’oggi alle prese con una forte volatilità legata ai successi sul campo e alla campagna acquisti.

Storie di successo

Leggi alcune delle più importati storie di successo degli ultimi 10 anni.

FCA

FCA ha vissuto un periodo di straordinaria trasformazione sotto la guida del suo ex manager, Sergio Marchionne, che ha preso un’azienda italiana in grande difficoltà nel 2004, trasformandola in colosso industriale di portata mondiale. La chiave del suo successo va ritrovata sicuramente nella fusione con Chrysler, la più piccola delle case automobilistiche di Detroit, alle prese con una grave crisi finanziaria post 2008. L’operazione che ha portato alla nascita del gruppo italo-statunitense è stata costruita in maniera impeccabile e ha segnato il successo di FCA dei successivi 10 anni e ancora tutt’oggi. In particolare, il rilancio di Jeep ha fatto da volano alle vendite e ai conti per l’intero gruppo che si è spostato nel tempo verso un target diverso di clientela, aumentando i margini. L’eredità di Chrysler ha portato però anche un enorme indebitamento industriale, arrivato quasi a 10 miliardi di euro post fusione. Il successo dell’operazione ha permesso però di azzerarlo del tutto in soli 5 anni.

Non solo Chrysler. I profitti per gli azionisti Fiat sono arrivati anche attraverso gli spin off che si sono susseguiti nel tempo e che hanno liberato ulteriore valore. La scissione tra Fiat e Fiat Industrial (ora CNH Industrial) a quella di Ferrari hanno permesso al gruppo di passare dai 6 miliardi di euro di valore del 2004 agli oltre 65 miliardi nel 2018.

Il successo di Marchionne è ben visibile in borsa. A gennaio 2009 le azioni della vecchia Fiat oscillavano intorno a 1 euro e in nove anni sono arrivate a toccare i 20 euro (maggio 2018). Il calo dell’ultimo anno è dovuto a varie ragioni, come le tensioni commerciali tra Stati Uniti ed Europa e il passaggio al mercato elettrico e il calo delle vendite globali. Gli azionisti restano ora concentrati sulla ricerca di un possibile partner commerciale che potrebbe portare FCA, attualmente sesto gruppo al mondo per produzione di autoveicoli, a scalare le posizioni e rientrare tra i primi 3 gruppi mondiali.

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Unicredit

Unicredit, come tutte le banche, ha vissuto una fase molto difficile nell’ultimo decennio causa la peggiore crisi finanziaria (2007-2008) degli ultimi 70 anni che ha interessato principalmente le banche. Una data potrebbe essere presa come pietra miliare per le difficoltà dell’intero settore, ovvero il fallimento di Lehman Brothers (15 settembre 2008). Da quel momento in poi la banca, guidata allora da Alessandro Profumo, ha iniziato un ciclo di aumenti di capitale che hanno avuto effetti considerevoli sull’azionariato storico del gruppo e diminuito il valore in borsa. Nel dettaglio si sono susseguiti quattro aumenti di capitale in poco più di nove anni, per un controvalore totale di 27,5 miliardi di euro.

Oltre la crisi del 2007-2008, la banca ha risentito enormemente della crisi dell’eurozona del 2010 e soprattutto dell’instabilità politica italiana di fine 2011. Oltre al clima di generale sfiducia, le banche italiane ha subito perdite cospicue derivanti dai titoli di Stato (BTP) che possedevano nei loro bilanci. Alla crisi finanziaria è poi seguita quella economica che ha portato all’insorgere di un altro problema per le banche italiane: l’esplosione dei crediti deteriorarti (Non Performing Loans, NPL). Unicredit, passata nel frattempo sotto la guida di Federigo Ghizzoni, ha iniziato un processo di cessione di asset non strategici, il cui lavoro è stato portato a compimento dall’attule Ceo, Jean Pierre Mustier. Il manager francese, a partire dalla fine del 2016, ha ceduto Bank Pekao, Pioneer Investments e infine ha ridotto nel corso del tempo la quota in FinecoBank (ora al 18%), portandola fuori dal perimetro del gruppo.

Nonostante il bilancio del 2018 si sia chiuso con risultati importanti, in borsa il titolo non si è mai più ripreso dopo il crollo del 2008 e rimane non molto distante dai minimi storici.

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Intesa Sanpaolo

Anche Intesa SanPaolo ha vissuto le turbolenze legate prima alla crisi finanziaria del 2007-2008 e poi all’instabilità politica, finanziaria ed economica che ha interessato l’Italia a partire dal 2011. Occorre sottolineare, però, che la banca, nata dalla fusione tra Banca Intesa e SanPaolo IMI nel 2006, ha retto meglio delle altre alle turbolenze di questo ultimo decennio, grazie soprattutto a una più solida posizione patrimoniale.

L’unico aumento di capitale fatto dall’Istituto, risale infatti a maggio 2011 per un controvalore di 5 miliardi di euro. La qualità degli attivi e le coperture effettuate l’hanno resa meno vulnerabile anche alle tensioni che hanno interessato molto banche italiane sui crediti deteriorati (Non Performing Loans, NPL). La strategia della banca nel corso degli ultimi dieci anni ha mirato proprio alla riduzione del portafoglio degli Npl, venduti principalmente a realtà estere. Inoltre, la banca ha potuto elargire cospicui dividendi agli azionisti, elemento questo che ha sostenuto le quotazioni.

Proprio la miglior resilienza dell’Istituto alle recenti crisi ha aperto la strada a giugno 2017 all’acquisizione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza al prezzo simbolico di 1 euro, operazione che si è conclusa con il sostegno del Tesoro.

La performance del titolo in borsa testimonia in qualche modo il miglior posizionamento di Intesa SanPaolo rispetto ai competitor. Il titolo, seppur in calo dai massimi pre crisi, ha visto tra il 2015 e il 2017 due fasi di netta ripresa, arrivando a toccare proprio dei massimi che non si vedevano dal 2008. Il titolo attualmente scambia poco sotto i 2 euro, il livello più basso degli ultimi 3 anni, ma è ancora lontano dai minimi storici di 0,90 euro (toccati nel 2012).

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Juventus FC

Le azioni di Juventus, come quelle delle altre società di calcio, meritano una considerazione a parte. Il loro andamento è legato soprattutto alle performance sul campo di calcio e sulle campagne acquisti di calcio mercato, mentre non è correlato con l’andamento del mercati finanziari e/o dei dati macroeconomici. Nonostante la quotazione in borsa risalga agli inizi del 2000, solo negli ultimi anni il titolo ha visto una crescita importante sia in termini di volumi che di valore tanto da meritare l’ingresso nel listino principale di Piazza Affari, il FTSE MIB.

Il successo in borsa degli ultimi anni è dipeso da una serie di fattori, come le finali di Champions conquistate nel 2015 e nel 2017, poi perse amaramente. La vittoria degli 8 scudetti di fila ha avuto una risonanza minore rispetto ai successi in campo internazionale. Ma il boom vero e proprio si è avuto con l’acquisti di Cristiano Ronaldo, avvenuto nell’estate del 2018, un evento questo che ha fatto passare le quotazioni in borsa dai 0,65 euro di fine giugno agli oltre 0,90 euro in sole due settimane. La speculazione e le aspettative di un campionato da protagonista e di una possibile vittoria in Champions hanno fatto il resto nei due mesi successivi, quando il titolo è arrivato a toccare 1,80 euro, con un quasi +300% rispetto a giugno.

La volatilità determinatasi dall’uscita inattesa dalla Champions League ai quarti ha sollevato dubbi sui fondamentali del titolo, con vendite importante. Nonostante tutto, il titolo ha ripreso quota in vista dell’imminente annuncio del nuovo allenatore che guiderà la squadra nei prossimi anni.

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Eni

Eni, leader italiano e tra i primi 10 gruppi mondiali nel settore degli idrocarburi, ha risentito enormemente negli ultimi anni dell’andamento del prezzo del petrolio. Proprio la volatilità del prezzo del greggio è stato tra i principali elementi che più hanno contribuito al calo dell’ultimo decennio. Dopo il tonfo del titolo in borsa di inizio 2008, quando il petrolio è arrivato a superare i 150 dollari al barile, le quotazioni si sono mosse dentro un range compreso tra i 12 e i 20 euro, seguendo da vicino proprio i movimenti dell’oro nero. Una conferma arriva anche dal forte calo dei prezzi del petrolio che si è registrato tra giugno 2014 e gennaio 2016, con il titolo ENI che è passato da oltre 20 euro fino a 11 euro, con una performance di -45%.

Non solo prezzo del petrolio. In generale anche le scoperte dei giacimenti di petrolio o gas hanno avuto un impatto considerevole sulle quotazioni in borsa. È il caso delle scoperte dei giacimenti di gas di Zohr, a largo dell’Egitto, avvenuto nel 2015, a cui ha fatto seguito quello ben più sorprendente di Noor (3 volte più grande del precedente) nel 2018.

Nonostante la differenziazione energetica messa in atto negli ultimi anni, il petrolio rimane una variabile importante per l’andamento del titolo ENI in borsa anche nei prossimi anni. Pertanto anche le decisioni dell’OPEC sui livelli di produzione e le tensioni geopolitiche potrebbero impattare sulle quotazioni in borsa dei titoli del settore.

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