Cina: export in calo del 20%. Borse a picco sui timori di un rallentamento
Netto calo della bilancia commerciale cinese: esportazioni a febbraio negative, livello più basso da marzo 2016. Sale il cambio USD/CNH. Netto ribasso per le borse asiatiche ed europee, dopo le decisioni accomodanti della Bce.
Brusco calo dell’export cinese, sceso a febbraio del 20,7% rispetto allo scorso anno, ampiamente più basso alle attese di -4,8%. Il dato aveva invece stupito in positivo a gennaio, quando un +9% aveva in parte dissipato i timori che la retromarcia di Pechino (sospinta anche dalla guerra commerciale) potesse spingere a ribasso l’economia mondiale. Complessivamente, la bilancia commerciale cinese si è attestata a poco più di quattro miliardi, contro attese a circa 26,4 miliardi.
Rallenta la Cina, crolla l'export: male le borse mondiali
Sui mercati torna così a dominare la paura di un rallentamento globale, supportata dalla conferma di una taglio alle stime di Pil, che Pechino prevede si attesterà nel 2019 in un range tra il 6 ed il 6,5 per cento.
Negativa la reazione dei prezzi del petrolio, che, pur indebolendosi, restano ancorati al livello in area 56 dollari al barile, attorno al quale latitano almeno da quattro sedute. Il dollaro americano, intanto, è tornato a guadagnare posizioni sul renminbi, col cambio USD/CNH che testa quota 6,73750, dopo il minimo a 6,67520 di fine febbraio.
Profondo rosso anche per i panieri europei, coi principali indici tutti in rosso in apertura di scambi.
In una giornata di per sé non rosea per l’economia del Dragone, sulla borsa di Shanghai è pesata la notizia del declassamento a “sell”, vendere, del gruppo assicurativo People's Insurance Group of China. Risultato: azioni in discesa del 10% e borsa principale giù anch’essa del 4,4%, il calo giornaliero più netto da ottobre. Negativa Hong Kong, con un ribasso dell’1,9% circa.
Pil Giappone sopra le attese. Su Tokyo pesa il dato di Pechino
Non meglio è andata al Giappone che, nonostante dati positivi sul Pil annuale e trimestrale, rispettivamente in crescita dell’1,9% e dello 0,5% (ambedue 10 punti base sopra le stime), ha scontato il rallentamento cinese con un calo dell’indice Nikkei del 2%. Il più ampio paniere MSCI delle azioni dell’area Asia-Pacifico al di fuori del Giappone è scivolato dell'1,2% ad un minimo di due settimane.
Mente Pechino si appresta a varare una serie di misure accomodanti volte a sostenere il costrutto economico del paese (taglio delle aliquote Iva da uno a tre punti e nuovi presiti al mercato, specie quello delle PMI), le banche centrali delle più grandi economia al mondo non sono rimaste con le mani in mano.
Banche centrali al contrattacco: Bce, Fed e Canada
La Banca centrale europea ha disposto dal prossimo settembre un nuovo programma Tltro, volto a concedere maggiore liquidità agli istituti di credito dell’Eurozona, così che possano dare a loro volta maggior sostegno a famiglie e imprese facenti richiesta. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha motivato la scelta sul fatto che l'economia mondiale si muove in "un periodo di continua debolezza e pervasiva incertezza" rimandando almeno a fine 2019 un eventuale rialzo dei tassi di interesse.
Prima della Bce, anche la Federal Reserve americana ha deciso di adottare un approccio “paziente” volto ad assecondare un mercato in fase di rallentamento, colpito su più fronti da fattori di incertezza.
Non da ultimo, il Canada, la cui banca centrale ha adottato un'improvvisa svolta accomodante, legata non solo al calo dei dati macro, ma anche al rischio Brexit sui mercati finanziari.
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