La settimana in breve: A per America, B per Brexit, C per Cina, D per Davos
Stati Uniti ancora in shutdown, Theresa May impegnata in un Piano B, calo del Pil cinese in linea con le attese (6,4%), conto alla rovescia per il WEF di Davos.
Avvio di settimana in sospeso per le borse asiatiche, che di fronte ai dati che confermano un ritmo di crescita cinese in calo ma in linea con le attese adottano un approccio calmo e possibilista. Sul tavolo dei mercati internazionali ci sono infatti più questioni pronte ad esser dibattute.
Dati Cina: Pil in calo in linea con le attese
I dati pubblicati in prima mattina dal Dragone hanno mostrato che l'economia cinese ha sì, rallentato alla fine dello scorso anno, ma in linea con quanto gli analisti già si aspettavano, con la crescita del Pil passata da un precedente +6,5% all’attuale +6,4%. Seppur Pechino abbia confermato l'urgente necessità di ulteriori stimoli all’economia e in attesa che qualche ulteriore passo avanti venga compiuto sul fronte commerciale con gli Stati Uniti, il dato sulla produzione industriale odierno ha riscaldato gli animi, con una crescita del +5,7%, contro una precedente rilevazione a +5,4%. Bene, infine, le vendite al dettaglio, aumentate dell'8,2% a dicembre, rispetto ad un anno fa.
Hong Kong e Shanghai hanno chiuso rispettivamente in territorio positivo a +0,35% e +0,4%. Bene anche Tokyo (+0,25%) e Taiwan (+0,5%).
Brexit: attesa del piano B di Theresa May
Tra gli argomenti caldi sul tavolo, il primo ministro inglese, Theresa May, dovrà presentare oggi la propria proposta di Piano B alla Brexit. Dai lavori preliminari, il Parlamento inglese sembra ancora ben lontano dal trovare un accordo che soddisfi, per lo meno, la maggioranza. Mentre la discussione torna a ruotare ancora una volta attorno a Dublino e al confine tra le due Irlande, laburisti e conservatori sono al lavoro per scongiurare l’evento di una Brexit senza accordo (no-deal) e per spostare più in là la data del 29 marzo 2019. C’è di più: se per alcuni l’eventualità di un “no Brexit” continua a restare un’opzione sul piatto, Nigel Farage (Ukip), primo promotore della Brexit nel 2016, ha annunciato di esser pronto a ricandidarsi alle Europee qualora non ci sarà una rottura con l’Europa.
Shutdown: Stati Uniti d’America in stand-by
Non solo guerra commerciale a proposito di Stati Uniti. L’amministrazione Trump da ormai un mese giace in una fase di stallo, col blocco dell’amministrazione federale dovuto al mancato accordo sullo stanziamento di fondi per la costruzione del muro al confine col Messico. Mentre Donald Trump tiene duro, additato da un’opposizione che, allo stesso modo, ha fatto della vicenda una questione politica più che di sicurezza nazionale, alcune statistiche parlano di un calo di mezzo punto percentuale della produttività a stelle e strisce per ogni mese di shutdown.
Domani, intanto, si apriranno le porte del World Economic forum di Davos (22-25 gennaio), dove gli Stati Uniti, causa shutdown, saranno il grande assente. Accanto a loro mancheranno anche l’inglese, Theresa May, affaccendata nella questione Brexit, ed il francese, Emmanuel Macron, che ha preferito restare in patria dopo la rivolta dei gilet gialli.
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