Trump, Cina, dazi: provvedimenti contro la svalutazione competitiva
Applicazione di extra tariffe Usa sulle merci provenienti da Paesi stranieri in cui vige una politica di svalutazione competitiva della divisa nazionale. Mossa monetaria? No, puramente commerciale. Osservato speciale: Cina.
Applicazione di extra tariffe sulle merci provenienti da Paesi stranieri in cui vige una politica di svalutazione competitiva della divisa nazionale. Una mossa puramente commerciale, che non coinvolge in nessun modo l’operato della banca centrale. E’ questa la nuova proposta dell’Amministrazione Trump che, dopo aver annunciato l’intenzione di etichettare la Cina come manipolatrice valutaria, potrebbe ora passare ai fatti.
Guerra commerciale o valutaria?
La proposta, pubblicata ieri nel Registro Federale, consentirebbe alle società con sede negli Stati Uniti di richiedere l’applicazione di dazi su quei prodotti provenienti da regioni (individuate dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti) ove si applicano svalutazioni competitive della moneta, volte a stimolare l’export e a migliorare i livelli di bilancia commerciale.
Svalutazione competitiva: cos’è
Con svalutazione competitiva si intende una strategia di politica monetaria tramite la quale una banca centrale genera il deprezzamento della propria divisa per stimolare l'economia del Paese. Per conseguire tale obiettivo, l’istituto centrale può tagliare il livello dei tassi di interesse o adottare misure espansive non convenzionali (immettere nuova moneta nel sistema). Principale rischio che si cela dietro tale tipologia di azioni è un’impennata brusca dell'inflazione.
L’azione sulla moneta
"Questa misura mette in guardia gli esportatori stranieri dal fatto che il Dipartimento del Commercio può controbilanciare gli interventi valutari che danneggiano le industrie statunitensi", ha riferito in una nota il ministro al commercio, Wilbur Ross. L’amministrazione Trump ha inoltre precisato che la mossa non coinvolge in alcun modo le strategie monetarie statunitensi (e dunque l’operato della banca centrale) e che non si tradurrà in oscillazioni valutarie.
L’apertura americana a nuove tariffe complica il rapporto tra le due maggiori economie al mondo, prime rivali nel campo tecnologico, settore fin dal principio alla base del contendere.
Come la Cina manipola la sua moneta
A monte del tasso di cambio cinese con le principali valute mondiali, dollaro in primis, vi è l’azione della People Bank of China. Quando un’azienda cinese esporta merci all’estero, ricevendo in pagamento valuta straniera, essa deposita tale cifra presso la sua banca, che a sua volta chiede alla PBoC la conversione in yuan. La PBoC viene quindi in possesso di valuta estera che non viene immediatamente venduta sul mercato del Forex, ma investita per una parte in riserve, per l’altra parte acquistando attività estere, quali Treasury Usa (in dollari USD) e Bond europei (in euro). Agendo
sulle riserve, nonché sugli asset in portafoglio, la Cina riesce ad equilibrare i propri livelli di cambio liberando ed acquistando attività estere senza fare ricorso alla
stampa di nuova moneta o alla convertibilità della stessa.
Guerra commerciale o tecnologica?
Dopo la decisione del dipartimento del commercio che ha inserito Huawei nella blacklist delle società a rischio per la sicurezza nazionale (fattore che impedirebbe alle aziende statunitensi di fare affari col più grande produttore mondiale di apparecchiature per tlc), il colosso del Dragone ha più volte ribadito di non rispondere né al governo cinese, né ai servizi militari, né all’intelligence nazionale.
“Negli ultimi tempi alcuni politici statunitensi hanno fatto circolare voci d’accusa su Huawei, senza mai produrre però prove chiare" ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lu Kang. Secondo Lu, gli Stati Uniti starebbero volutamente suscitando sospetti tra gli operatori confondendo e pilotando l’opinione pubblica.
I politici statunitensi, ha quindi concluso Lu, continuano a "fabbricare bugie per cercare di ingannare il popolo americano, puntando ad incitare l'opposizione ideologica".
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha intanto profilato una risoluzione delle questioni con Huawei nel quadro di un accordo commerciale tra Washington e Pechino, additando però il gigante tech come "molto pericoloso".
Dal canto suo, la Cina ha ribadito che gli Stati Uniti dovrebbero smettere di usare la porpria leadership per sopprimere e ostacolare società che non siano le loro o che, come nel caso della tecnologia 5G, sono più avanti dei progressi statunitensi.
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