Usa-Cina lontani dall'accordo. Trump: linea dura sul furto di proprietà intellettuale
Borse asiatiche deboli: investitori scelgono assets meno rischiosi. Si rinnovano timori di guerra commerciale. Trasferimenti forzati di tecnologia e restrizioni sulla proprietà sono priorità per Donald Trump.
Da un lato, Donald Trump apre ai mercati spiragli di accordo commerciale con la Cina, così da ridare fiducia ai corsi azionari; dall’altro, tiene fede a se stesso, confermando che gli Stati Uniti non ammorbidiranno la loro posizione fino a che Pechino non avrà posto in essere riforme strutturali reali, specie in materia di gestione della proprietà intellettuale.
Il timore di un inasprirsi della guerra tariffaria, assieme alla recente rilevazione di un calo della crescita globale (e cinese) hanno spinto gli investitori dell’area Asia-Pacifico verso attività meno rischiose. La borsa di Shanghai ha chiuso oggi attorno alla soglia della parità, al pari di Hong Kong. Sul -0,15% di Tokyo hanno pesato dati inferiori alle attese sull’export giapponese di dicembre (-3,8% contro attese a -1,9%).
La proposta di acquistare un numero superiore di beni americani (specie agricoli ed energetici), ottenendo il pareggio del deficit commerciale entro il 2024, è difficile che riesca da sola a porre fine alle discussioni che ormai da un anno logorano Washington e Pechino.
La questione madre ruota attorno ad una argomentazione: gli Stati Uniti accusano la Cina di aver rubato la proprietà intellettuale americana, costringendo le società americane a condividere la propria tecnologia e la propria innovazione nel momento in cui si sono trovate a fare affari in Cina.
Trasferimenti forzati di tecnologia, furto di proprietà intellettuale e restrizioni sulla proprietà sono rimaste una priorità per Donald Trump, intenzionato a battersi fino all’ultimo per ottenere la leadership di settore.
Pechino, fin da principio, ha negato tali accuse e ha provveduto a rincuorare il proprio mercato confermando l'intervento diretto del Governo, pronto a fornire nuovi stimoli all'economia del Dragone. Tra questi, il taglio alle tasse, specie per le piccole imprese.
Con gli occhi puntati all’incontro del prossimo 30-31 gennaio, quando una delegazione cinese si recherà a Washington per discutere di affari commerciali, si avvicina la scadenza del 1 marzo, giorno in cui termina la tregua dei dazi annunciata a dicembre nel corso del G20: nel caso in cui, sopraggiunta tale data, le parti non dovessero riuscire a trovare un accordo, il mercato rischia di assistere ad una escalation della guerra tariffaria, con dazi americani su ulteriori 200 miliardi di controvalore in dollari di beni.
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