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Ci siamo svegliati stamattina con tutti i media che parlavano di guerra civile in Libia con Tripoli assediata dalle milizie ribelli. Tuttavia è già dal 2014 che la guerra civile infiamma i territori del paese nordafricano. La lotta al potere continua a essere molto accesa tra i diversi schieramenti.
Al momento il gruppo che sembra essere più forte è quello guidato dal generale Khalifa Haftar anche definito Governo di Tobruk (Aguila Saleh Issa è il presidente della Camera dei Rappresentanti) che controlla tutta la parte orientale del paese e continua a espandersi verso ovest.
L’esercito nazionale libico condotto dal generale Haftar e sostenuto da molte tribù (come i potenti Zintan e i numerosi Tebu) ha conquistato territori su territori riuscendo nell’impresa di assoggettare i ricchi impianti petroliferi dell’area di Ras Lanuf.
Ora gli scontri più forti ora si sono spostati a Tripoli dove le milizie della Settima Brigata della cittadina di Tarhouna guidate dal colonnello Kani stanno cercando di sconfiggere un’alleanza composta da una miriade di gruppi armati che hanno interesse a mantenere al potere Al Serraj.
Al Serraj è il leader del Governo di Accordo Nazionale, il presunto governo “democratico” instaurato dalle Nazioni Unite ma che non ha mai avuto il controllo del paese.
Difficile trovare una soluzione nel breve ai problemi libici. Dalla caduta di Gheddafi, a cui va riconosciuto il merito di aver compattato tutte le varie tribù, il paese è sempre stato nel caos. Anche il sostegno dei paesi esteri è stato controverso. Se Stati Uniti, Italia, Regno Unito e Nazioni Unite hanno difeso i diritti del Governo di Accordo Nazionale, discorso ben diverso invece per Egitto, Emirati Arabi, Russia e forse anche la Francia che hanno appoggiato direttamente e indirettamente le truppe di Haftar.
Quali conseguenze può portare un aumento degli scontri in Libia sui mercati?
Il settore più influenzato è quello petrolifero. La Libia è tra i maggiori produttori di petrolio al mondo ed uno dei membri più importanti dell’OPEC. Una eventuale guerra conclamata in Libia potrebbe suscitare una impennata dei prezzi del greggio anche su nuovi massimi annuali.
In Italia potrebbe essere colpita Eni che ha investito fortemente nel paese nordafricano. Tanti sono gli accordi tra il cane a 6 zampe e il Governo di Accordo Nazionale di Tripoli. Eni ha aumentato notevolmente gli investimenti soprattutto negli ultimi anni nel progetto offshore Bahr Essalam.
Ecco che una probabile presa di potere da parte del generale Haftar potrebbe far rivedere totalmente le concessioni e gli accordi presi da Al Serraj influenzando negativamente il giro d’affari di Eni in Libia. Anche da un punto di vista politico la Francia potrebbe acquisire maggiore importanza nell’area facendo da mediatore tra i nuovi “leader” libici e gli altri paesi confinanti.