IG Bank S.A. presta servizi di “execution-only” ovvero di mera esecuzione di ordini senza consulenza. Le informazioni presenti in questo sito non contengono (e non si deve in alcun modo supporre che contengano) raccomandazioni o consigli in ambito di investimenti, né uno storico dei nostri prezzi di negoziazione, né un’offerta o un sollecito a intraprendere un’operazione su un certo strumento finanziario. IG Bank S.A. non può essere ritenuta in alcun modo responsabile per l’uso che si possa fare delle informazioni qui contenute e degli eventuali risultati che si potrebbero generare in base all’impiego di tali informazioni. Non si assicura inoltre l’accuratezza e la completezza delle suddette informazioni, che pertanto vengono usate e interpretate a proprio rischio. La ricerca inoltre non intende rispondere alle esigenze o agli obiettivi di investimento di un soggetto in particolare e non e’ stata condotta in base ai requisiti legali previsti per una ricerca finanziaria indipendente e pertanto deve essere considerata come una comunicazione in ambito di marketing. La presente comunicazione non può essere in alcun modo riprodotta e distribuita.
Acceleratore, freno, folle: i movimenti del settore auto sui mercati finanziari seguono fasi analoghe a quelle di guida. Un’evidenza quanto mai chiara se si osservano le dinamiche del comparto nel più recente passato.
La guerra commerciale avviata da Donald Trump, annunciata fin dal principio della propria campagna elettorale, inizia ora, a due anni di distanza dall’insediamento, a mostrare i propri risultati.
Il G20 d’Argentina conclusosi sabato scorso a Buenos Aires ha portato con sé un po' di sollievo per i mercati. La piazza finanziaria è stata rincuorata dall’annuncio di una tregua commerciale tra Cina e Stati Uniti, volta a raggiungere un accordo sulla "interferenza" del Dragone nel mercato a stelle e strisce. La conferma di un primo passo compiuto in tale direzione è giunta tramite il tweet del presidente Trump, secondo il quale Pechino si impegnerà a rimuovere i dazi (al 40%) dalle auto americane.
Non si sono fatte attendere le parole del portavoce cinese del Ministro degli Esteri, il quale ha ricordato che "se gli Stati Uniti non avessero provocato tensioni commerciali e non avessero imposto tariffe, i dazi cinesi sulle auto statunitensi sarebbero stati pari solo al 15%".
La pace, come da attese, è durata poco.
Se si procede analizzando le dinamiche del settore auto nell’ultimo periodo, a scatenare l’ira del Tycoon americano è stato a fine novembre il piano di riorganizzazione di General Motors, la quale ha annunciato la chiusura di 5 stabilimenti (tra cui quelli in Ohio, Michigan e Maryland) ed il licenziamento di 14.700 dipendenti (operai ed impiegati), confermando invece le strategie in Messico e Cina. Al fine di “proteggere i lavoratori americani”, Trump ha minacciato la storica casa d'auto di rimuovere gli aiuti statali alla produzione, disposti dalla precedente amministrazione Obama. Un'azione che, secondo il consigliere economico, Larry Kudlow, non sarebbe legalmente possibile.
L’interesse di Trump nel fare il bene degli Stati Uniti, ostacolando chi degli Stati Uniti “approfitta” per il proprio tornaconto personale, ha riportato in auge l’inasprimento delle tariffe (al 25%) applicate dagli Usa all’import di auto estere, comprese quelle europee. L’Unione applica dazi d’ingresso ai veicoli americani pari al 10%, contro il 2,5% attualmente previsto per l’ingresso di veicoli europei in America.
Il disinteresse reciproco a creare ulteriori barriere nel mercato dell’auto ha portato tre delle maggiori case automobilistiche tedesche ad incontrare il presidente Trump alla Casa Bianca. A catalizzare l’attenzione del mercato a seguito di tale incontro, è stato l’annuncio di una alleanza Volkswagen-Ford basata sul reciproco interesse a penetrare i due mercati di riferimento tedesco ed americano.
L’idea, che già veleggiava sui mercati lo scorso giugno, prevedeva l'unione di forze tra le due realtà finalizzata alla produzioni di pick-up e furgoni; dagli ultimi aggiornamenti emerge però che l’interesse dei due è rivolto all’implementazione del segmento auto elettriche e a guida automatica, ove attualmente primeggia la leadership di Tesla.
L’idea di un maxi colosso Vw-Ford intenzionato a guadagnare fette di mercato ha infuso timori tra i maggiori player di mercato. Tra questi, Fiat Chrysler, che ha scontato pesantemente l’introduzione nel mercato europeo della nuova procedura Ue sulle omologazioni (WLTP), che ha introdotto test più severi sulle emissioni di CO2. In termini annuali, l'Italia ha registrato nel 2018 un calo delle immatricolazioni pari al 6,3%; superiore il calo della Germania, pari al 10%.
Restando sul settore auto italiano, il gruppo italo-americano con base a Torino ha inoltre incassato negativamente la notizia di un emendamento alla Manovra di bilancio 2019 ribattezzato “tassa sul diesel”, volto a colpire in modo progressivo la produzione di nuove auto (comprese le euro 6) in base alle emissioni di anidride carbonica. Considerato che il modello d’auto più venduto in Italia porta la firma di Fiat, la mossa è stata letta come un autogol in un periodo già di suo complicato. Da gennaio a novembre, nel Bel paese sono stati venduti 113.700 esemplari di Panda, contro le 47 auto di Tesla. Secondo ultime indiscrezioni, il vice-premier, Luigi di Maio, sembra aver fatto marcia indietro sulla misura.
Come porre rimedio ai crescenti ostacoli?
Seppur non ancora confermata, sul mercato è iniziata a circolare la notizia di una possibile alleanza di tipo industriale tra i grandi nomi di Fca e General Motors, volta a creare sinergie tali da rendere più efficace l’azione delle due case da ambo i lati dell’Oceano.
A prescindere da dove lo si guardi, quello in corso è un periodo di grande cambiamento per il settore dell'automobile, al quale affacciarsi con premura. Marcia in folle e freno pronto.