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La divisa turca torna a deprezzarsi stamane, nonostante la notizia dell'incontro a Washington di giovedì tra la delegazione statunitense e quella turca.
Rimane sotto pressione le lira turca stamane dopo il violento calo di lunedì (il peggiore tra l'altro da oltre 10 anni) e il tentativo di stabilizzazione di ieri. Gli operatori non sembrano apprezzare più di tanto la notizia trapelata ieri pomeriggio di un incontro tra la delegazione turca e quella statunitense probabilmente domani a Washington.
Il mercato rimane guardingo al riguardo dopo l'escalation delle tensioni tra i due Paesi in seguito alla detenzione del pastore americano accusato di aver organizzato il golpe contro il premier Erdogan a luglio 2016. Da qui le sanzioni degli Usa nei confronti di due ministri turchi, con la possibilità di un'estensione anche all'export.
In realtà, le pressioni che stanno interessando la Turchia affondano le radici anche nella sempre più discussa indipendenza della Banca centrale. Erdogan, durante la campagna elettorale, si è schierato apertamente contro le decisioni della Banca centrale turca a favore di una politica monetaria con tassi più bassi, nonostante l'inflazione altissima.
Proprio le mani legate della Banca centrale stanno minando la fiducia degli investitori a tal punto che tutti gli asset turchi sono finiti sotto pressione negli ultimi 4 mesi. Ieri il rendimento sul decennale è arrivato a lambire quota 20%, mentre il mercato azionario segna un -25% di performance da inizio anno.
Secondo le ultime indiscrezioni, la situazione sarebbe così critica al punto che potrebbe intervenire a breve il FMI con delle linee di credito in dollari per le aziende turche.
Negli ultimi 20 anni il successo turco si è fondato sul deficit di partite correnti, che in una simile situazione rischia di portare il paese al baratro.
Il crollo della lira, le tensioni con gli Usa, la mancata indipendenza della Banca centrale e, infine, i continui rialzi dei tassi della Fed stanno creando le condizioni per un collasso del Paese. Non escludiamo pertanto che si arrivi a una limitazione della circolazione del capitale che eviti fughe all'estero o che la Banca centrale intervenga con un rialzo dei tassi prima della prossima riunione fissata per il 13 settembre. Potrebbe essere troppo tardi.
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