Andamento EUR/GBP ai massimi da marzo, all’Eurogruppo focus su Brexit
Il decreto sul mercato interno UK minaccia la tenuta non solo dell’accordo di uscita dall’UE dello scorso autunno, ma anche gli Accordi del Venerdì Santo con l’Irlanda. Quotazioni Ftse 100 in rialzo, rally dell’EUR/GBP
- Boris Jonhson minaccia di scavalcare il diritto internazionale in vista della Brexit
- Bruxelles insorge: la speranza è quella di un accordo ma si prepara al peggio
- Andamento EUR/GBP in forte rialzo a 0,92, mentre il Ftse 100 non accusa e guarda ai dati macro
Il premier britannico Boris Jonhson continua a gettare benzina sul fuoco sugli accordi per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e torna a far tremare Bruxelles davanti alla minaccia di una Brexit senza accordo. A risentirne di più, per ora, è la sterlina, che dall’inizio della settimana ha perso oltre il 4% nei confronti dell’euro – il cambio EUR/GBP è arrivato stamattina oltre quota 0,92.
Il piano di Johnson sconfessa il Withdrawal Agreement
L’ultima provocazione in ordine di tempo è la proposta del cosiddetto Internal Market Bill, una proposta legislativa del governo Johnson che mira a rinforzare la normativa interna in tema di commercio tra Inghilterra, Scozia, Galle e Irlanda del Nord – e che si scontra con le leggi che governano gli scambi tra Irlanda e Irlanda del Nord, parte del Withdrawal Agreement approvato in autunno tra Regno Unito e Unione Europea, grazie al quale per altro Johnson è stato in grado di vincere le elezioni dello scorso 12 dicembre al suon di “get Brexit done”.
Nello specifico, il bill governativo prevede un trasferimento totale delle regolamentazioni commerciali da Bruxelles a Londra, livellando gli standard (finora in capo alle singole nazioni del Regno) per rendere il commercio con l’UK più appetibile a livello internazionale.
Tra le voci di protesta che si sono levate (per la Scozia si tratta di una “presa di potere”, il Galles teme che ciò condurrà a una “gara al ribasso” degli standard qualitativi), la più forte è stata quella dell’Irlanda del Nord: qualora l’Internal Market Bill dovesse passare, i legislatori di Westminster sarebbero infatti legittimati a scavalcare le norme disposte dal Withdrawal Agreement in termini commerciali – ipotesi espressamente prevista dal decreto legislativo, in chiaro contrasto con il diritto internazionale, secondo gli esperti e come ha ammesso lo stesso Jonhson.
Come ha risposto l’Unione Europea?
Per l’Irlanda, la mossa del premier Britannico è un chiaro “atto provocatorio unilaterale” che mira a sconfessare gli Accordi del Venerdì Santo – che, dal 1998, regolano i rapporti tra le due nazioni all’interno dell’isola e rappresentano una pietra miliare nel processo di pacificazione tra Irlanda e Regno Unito.
A sollevare le critiche è soprattutto la possibilità, prevista dal Bill, di poter cambiare unilateralmente (da parte dell’Irlanda del Nord) le normative riguardo i commerci con l’Irlanda, ipotesi che si verrebbe a realizzare grazie a una semplice mossa del governo di Londra.
Anche Bruxelles reagisce duramente al decreto. Già lunedì scorso la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha invitato Jonhson a non scavalcare il diritto internazionale.
“Mentre il Regno Unito guarda al tipo di relazione commerciale futura che vuole con l'Unione europea, un prerequisito per questo è onorare gli accordi che sono già in vigore" ha dichiarato stamattina all’Eurogruppo il presidente Paschal Donohoe.
L’Ue ha chiesto a Londra il ritiro entro fine mese per lo meno dei commi che più di tutti minacciano la violazione del Withdrawal Agreement. Il capo negoziatore a Bruxelles, Michel Barnier, è arrivato a Londra nelle ultime per confrontarsi con David Frost, il suo omologo dal lato britannico.
“Resta l’impegno dell’UE per un’ambiziosa partnership futura con il Regno Unito. Di ciò beneficerebbero chiaramente entrambi i lati. Nessuno dovrebbe sottovalutare le conseguenze pratiche, economiche e sociali di uno scenario senza accordo”, si legge nel comunicato di ieri rilasciato da Barnier, che prosegue sottolineando la mancanza di collaborazione da parte di Londra.
Come hanno reagito i mercati al caos Brexit?
Non solo la Borsa di Londra non sembra per ora accusare alcun colpo, a una settimana dalla (fallimentare) ripresa dei negoziati per la Brexit, ma in mattinata si conferma la migliore del Vecchio Continente. Il Ftse 100 al momento avana dello 0,44%, aiutato al rialzo anche dai dati macro sulla produzione manifatturiera di luglio, in aumento del 6,3% su base mensile (contro aspettative del 5%) e in calo del 9,4% su base annuale (calo meno marcato delle previsioni, che si aspettavano un crollo del 10,5%).
Dati che, a quanto apre, vincono anche sulle notizie relativamente cattive circa il Pil mensile: ad agosto la crescita del Regno Unito si è fermata al 6,6%, in rallentamento rispetto al dato precedente (8,7%) e alle previsioni (6,7%).
A fare le spese delle trattative sempre più tese, piuttosto, è la sterlina: nelle ultime 24 ore il cambio euro-sterlina è aumentato dell’1,76% arrivando a quota 0,9249, con l’euro spinto al rialzo dopo le parole di ieri della presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde e, allo stesso tempo, la sterlina fortemente indebolita dalla prospettiva di una no-deal Brexit.
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