Attacco a petroliera iraniana nel Mar Rosso, schizza prezzo del petrolio
Teheran parla di terrorismo, ancora nessuna dichiarazione dall’Arabia Saudita. Sale la tensione in Medio Oriente
Ennesimo attacco in Medio Oriente tra giganti dell’oro nero: una petroliera della National Iranian Oil Company è stata colpita da due missili, a circa 96 chilometri da Gedda (in Arabia Saudita), riportando gravi danni a due serbatoi e riversando in mare una quantità di greggio ancora non definita (gli ufficiali della Nioc assicurano di essere al lavoro per contenere i danni, al momento risibili).
La televisione di stato iraniana ha annunciato che, nonostante l’esplosione, non vi sarebbero vittime tra l’equipaggio, ma intanto l’agenzia di stampa iraniana Isna ha parlato di un attacco terroristico. L’accusa è rivolta verso l’Arabia Saudita, che ancora non rilascia dichiarazioni al riguardo.
La risposta agli attacchi di settembre?
Sale sempre di più la tensione in Medio Oriente: l’attacco sembrerebbe collegato a quello del 14 settembre, quando le infrastrutture petrolifere della Saudi Aramco, nel regno Saudita, hanno subito pesanti danni provocati da missili e droni che, secondo gli Stati Uniti, sarebbero partiti dall’Iran. L’attacco era originariamente stato rivendicato dal gruppo di ribelli yemeniti Houthi, strettamente legati a Teheran.
L’Arabia Saudita aveva subito pesanti danni nell’attacco di settembre, ma era riuscita a contenere il rialzo del prezzo del greggio attingendo alle proprie scorte, mentre si metteva subito al lavoro per ripristinare la piena funzionalità delle infrastrutture danneggiate. L’andamento particolarmente veloce delle operazioni faceva ben sperare per un contenimento del prezzo del petrolio, che in effetti finora si era mantenuto su livelli stabili, dopo il picco immediatamente successivo all’attacco.
La situazione in medio Oriente
Oltre agli eventi di settembre, anche le precedenti tensioni nel Mar Rosso hanno portato all’attacco di oggi. Negli ultimi mesi, gli Usa hanno infatti riportato incidenti alle petroliere stazionate nei pressi dello stretto di Hormuz, nel Golfo Persico.
A ciò si aggiunge il riaccendersi del conflitto in Siria. Il ritiro delle truppe statunitensi dal nord-est della Siria ha di fatto garantito il via libera alla Turchia per invadere la regione del Rojava, a maggioranza curda. Le operazioni militari sono iniziate mercoledì, senza apparenti reazioni dal governo di Damasco, vicino all’asse Russia-Iran. Il governo iraniano ha invitato il presidente turco Recep Tayyp Erdogan a fermarsi, ma allo stesso tempo ha iniziato a schierare truppe al confine con la Turchia.
Come ha reagito il prezzo del petrolio?
Dopo un iniziale balzo in avanti del prezzo del greggio, i valori si sono ora assestati a +1,45% per il Brent (ETFS Brent Crude, 59,7 dollari al barile) e + 1,64 per il Wti (WTI Crude (SGD1 Contract), 54,45 dollari al barile). Si attendono sviluppi della situazione, ma pesa soprattutto l’esito delle trattative commerciali tra Cina e Stati Uniti, che potrebbero determinare l’aumento o meno della domanda.
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