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Si chiude in un letto di una clinica svizzera la trionfale carriera da Ceo di Fiat Chrysler di Sergio Marchionne.
Avrebbe sicuramente immaginato un epilogo diverso Sergio Marchionne per l’addio alla “sua” Fiat Chrysler Automobiles (FCA). Sì, sua. Sua perché l’ha creata lui, risollevando un’azienda che registrava perdite esercizio dopo esercizio e portandola dopo soli 5 anni, al cospetto di una delle tre big di Detroit, per la più grande operazione d'acquisto di Fiat oltre i confini nazionali.
Il rilancio industriale del Lingotto (o ex Lingotto) parte da quel lontano 1° giugno 2004, quando Sergio Marchionne diviene Ad del gruppo FIAT, un’azienda tecnicamente fallita, che grazie anche agli aiuti di Stato (che da soli non garantiscono la sopravvivenza, vedasi Alitalia) è riuscita a ripartire, riconquistando quote di mercato, grazie anche al rilancio dei modelli storici.
Da quel momento è stato un crescendo di successi che culminano con l'acquisizione di Chrysler, alle prese con la più grave crisi economica del 2009. La strategia di acquisizione è stata perfetta, a tal punto che alla fine anche i sindacati statunitensi hanno ceduto davanti al cospetto del manager italo-canadese.
A Marchionne va riconosciuta anche la grande opera di ingegneria finanziaria che ha portato il gruppo Fiat a decuplicare il valore per gli azionisti nell'arco di 14 anni, grazie agli spin off e agli scorpori di Fiat Industrial (ora CNH) e Ferrari, senza dimenticare la quotazione a Wall Street di FCA e della stessa Ferrari.
Insomma, da sabato scorso FCA, Ferrari e CNH Industrial perdono il genio di Marchionne con qualche mese di anticipo rispetto alle attese con Mike Manley, Louis Camilleri e Suzanne Heywood, rispettivamente, a capo delle tre realtà industriali.
Per quanto riguarda FCA, non dovrebbero esserci stravolgimenti di breve e Manley dovrebbe seguire la linea annunciata nel piano industriale di giugno, a partire dallo scorporo di Magneti Marelli.
In borsa, i titoli interessati hanno recuperato parte delle perdite dopo aver aperto con cali intorno al 5%. Il mercato ha scontato l’addio improvviso, un evento questo anticipato rispetto a quanto previsto (aprile 2019). Probabilmente un po’ di speculazione e il frettoloso passaggio di consegne stanno intaccando il sentiment degli investitori. Gli operatori rimangono comunque fiduciosi in attesa dei conti in pubblicazione questa settimana.
Non cambiano le prospettive di lungo periodo, che rimangono a nostro avviso rialziste. Le scelte industriali (il passaggio all'elettrico e la concetrazione sul mondo dei SUV ad alta marginazione) sono sufficienti da soli a raggiungere i target di vendite annunciati, a cui il mercato ha fatto sempre una certa fatica a credere. L'operazione di M&A con qualche partner industriale appare un po' più incerta rispetto a qualche giorno fa e qualche investitore deve abbandonare il sogno di un annuncio dell'ultimo minuto atteso fino a sabato scorso.
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