Greggio, balzo in avanti su buone prospettive andamento covid
Al via da domani agli incontri preparatori in vista della riunione della prossima settimana. Preoccupano domanda andamento pandemia, ma gli investitori restano ottimisti: Brent a oltre 46 dollari
Manca poco all’incontro annuale dell’Opec+, in programma il prossimo 30 novembre e il primo dicembre. I paesi principali esportatori di greggio iniziano a riunirsi questa settimana, in preparazione del meeting: domani e giovedì è la volta delle commissioni economiche, venerdì il turno dei paesi non membri Opec.
Il rialzo del prezzo del greggio: i fattori
Nelle ultime ore il barile è tornato ai massimi dello scorso agosto: il Brent viaggia a 46,43 dollari, il Wti a 43,46 dollari. Merito delle buone notizie sui vaccini anti-covid – quello di Pfizer-Biontech, di Moderna e, da ieri, anche il brevetto di AstraZeneca -, ma anche delle buone prospettive di un allentamento delle misure restrittive in Europa già nelle prossime settimane.
A guidare il prezzo del greggio è dunque soprattutto la domanda. Le variabili geopolitiche passano in secondo piano: è il caso della Libia, dove ieri sera si è sparsa la voce di un attacco da parte di militanti armati alla sede della National Oil Corporation, a Tripoli.
L’attacco risulta poi essere stato respinto, ma per alcune ore il Wti ha sfondare il libello dei 43 dollari durante la sessione.
Cosa deciderà l’Opec+?
E proprio di domanda discuteranno i membri dell’Opec nei prossimi giorni e, tema strettamente collegato, del livello di produzione di petrolio nei prossimi mesi.
Secondo il calendario originale dei tagli alla produzione, implementati la scorsa primavera proprio per far fronte alla crisi energetica scaturita soprattutto dal covid-19 (ma anche dalla guerra dei prezzo russo-saudita), a partire da gennaio 2021 la produzione giornaliera dovrebbe aumentare di circa due milioni di barili al giorno.
I tagli alla produzione, che ad aprile ammontavano a 9,7 milioni di barili al giorno, ad agosto sono passati a 7,7 milioni di barili per poi, teoricamente, passare a 5,7 milioni di barili in meno al giorno a partire da gennaio 2021.
Questo in uno scenario ottimale, in cui non si prevedeva che le restrizioni dovute alla pandemia di covid-19 si sarebbero dilungate fino all’inverno. Ora, con il passare delle settimane, l’aumento dei contagi e le rinnovate restrizioni, si profila uno scenario in cui il graduale ritorno alla normalità della produzione di greggio ritorna a essere insostenibile.
“I ministri dei paesi Opec+ probabilmente si accorderanno per estendere gli attuali tagli alla produzione a tutto il primo trimestre del 2021”, ha dichiarato a Reuters un delegato Opec.
La speranza è quella di un vaccino entro i primi mesi del 2021, in grado di permettere, se non un completo ritorno alla normalità, per lo meno un allentamento definitivo delle restrizioni, con conseguente ritorno agli spostamenti, oltre che dell’attività industriale, in grado di supportare la domanda di greggio a livello globale.
Quale futuro per l’Opec+?
Nelle ultime ore Goldman Sachs ha rilasciato una nota in vista del meeting Opec+, che mette in luce anche questioni sul futuro dell’organizzazione.
La banca d’affari si aspetta un prolungamento degli attuali tagli alla produzione, che potrebbe portare il prezzo del Brent, il benchmark internazionale, oltre i 47 dollari al barile (al momento viaggia a 46,45 dollari).
Restano però i dubbi sulla tenuta dell’accordo, soprattutto in considerazione dei recenti sviluppi interni dell’organizzazione. Da una parte c’è la preoccupazione per il comportamento dei singoli membri: l’Iraq, da sempre il più riottoso a sottostare alla politica dei tagli alla produzione, ma anche la Libia
Tripoli si è tirata fuori dai tagli adducendo come giustificazione la necessità di tornare ai livelli di produzione pre-occupazione dei siti di estrazione da parte dei ribelli armati – circa 1,7 milioni di barili al giorno: a gennaio, al momento della dichiarazione dello stato d’emergenza, la produzione era a 1,2 milioni di barili, quota già raggiunta nelle ultime settimane.
Pesa anche il mancato compromesso che il Comitato unificato di monitoraggio ministeriale avrebbe dovuto raggiungere la scorsa settimana, e la posizione ondivaga degli Emirati Arabi Uniti – terzo paese produttore dell’Opec e particolarmente vicini all’Arabia Saudita, leader di fatto dell’organizzazione. Secondo fonti d’intelligence, Abu Dhabi starebbe infatti mettendo in dubbio la sua partecipazione all’interno dell’Opec.
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