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Il greggio del Mar del Nord aggiorna massimi da oltre due anni a 61 dollari/barile, mentre il WTI attacca torna ai livelli di febbraio.
Si raffredda un po' la corsa del Oil - Brent Crude, che questa mattina ha aggiornato i massimi da luglio 2015, arrivando al test dei 61 dollari al barile. A fare da traino alle quotazioni sono le nuove indiscrezioni arrivate dall'Arabia Saudita e dalla Russia nel weekend che si sono dichiarate aperte a un'estensione del taglio alla produzione per altri 9 nove mesi. Una conferma è arrivata anche dal ministro dell'energia degli Emirati Arabi, Suhail al-Mazrouei, che ha confermato come una simile decisione sarà presa solo nel meeting OPEC del prossimo 30 novembre.
Il balzo dei prezzi del greggio ha interessato anche il WTI, con i prezzi che sono arrivati stamane a 54,50 dollari, picchi che non si vedevano da febbraio scorso. Nonostante ciò, lo spread con il Brent è tornato ad ampliarsi, avvicinandosi a 7 dollari, massimi da settembre. Proprio lo spread così ampio favorisce l'export dell'oro nero americano a scapito di quello europeo.
Non solo offerta. A guidare i prezzi potrebbero essere anche le nuove stime di crescita, che vedono l'attività economica di diverse regioni accelerare a ritmi che non si vedevano da diversi anni, come in Europa ad esempio.
Ad ogni modo, questa corsa del petrolio sta portando gli operatori a rivedere le stime per i prossimi mesi, con rialzi fino a 80 dollari. Siamo ancora abbastanza scettici. Al momento, ci aspettiamo che il Brent possa ritornare verso i 70 dollari al verificarsi di una serie di condizioni, tra cui:
Il WTI dovrebbe proseguire a ruota posizionandosi intorno ai 65 dollari. La volatiltià sarà destinata comunque a rimanere alta.
Ricordiamo come il prezzo del petrolio sia strategico per le scelte delle Banche centrali. A tal proposito, se i prezzi dovessero stabilizzarsi sopra i 60 dollari, le prospettive inflattive potrebbero alzarsi e mettere pressione al comparto del fixed income.
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