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Per un novembre da dimenticare sul fronte petrolifero, c’è un mese da incoronare per il natural gas, sui massimi dal 2014.
Il natural gas ha tirato fuori gli artigli, con una quotazione cresciuta da inizio novembre del 40%, sui massimi da quattro anni. Nel medesimo periodo, il prezzo del greggio è calato del 20% trascinando con sé a ribasso i titoli delle società del comparto petrolifero e ponendo al centro dell’attenzione l’eccesso di output (e scorte) presenti sul mercato.
La domanda sorge spontanea: come mai, per un combustibile fossile che crolla, ve n’è un altro pronto a testare i massimi di periodo?
L'inverno sta arrivando e nell'emisfero nord, ove hanno base alcune delle maggiori economie al mondo, ne hanno già avuto un assaggio. L’incedere rapido della stagione fredda ha già colpito alcuni dei principali centri degli Stati Uniti (specie nel sud-est e nel Midwest), con una domanda di gas per il riscaldamento cresciuta di colpo nell’arco di alcune settimane.
Petrolio vs gas naturale: questione di scorte
Contrariamente a quanto accade oggi sul mercato del petrolio, l’ammontare complessivo di scorte di gas, nel far fronte a previsioni meteo più fredde del previsto, è calato fino a raggiungere (per il periodo in esame) il proprio minimo a 15 anni.
Rapidamente, il prezzo del gas naturale è salito ad un massimo che ha sfiorato i 4,9 dollari per milione di unità termiche britanniche (mmBtu). Pur dopo aver ritracciato in area 4,2 – 4,3 dollari, qualsiasi livello di prezzo superiore alla soglia dei $4 è pur sempre più alto di quanto non accaduto da febbraio 2014; un incremento, questo, che potrebbe avere importanti ripercussioni.
Soffermandosi sugli stocks di petrolio, secondo la Energy Information Administration, la produzione petrolifera statunitense è invece aumentata nell’ultimo periodo a 11,3 milioni di barili al giorno, il più alto livello di output mai registrato dagli Usa, superiore di 1,5 miliardi di barili nel confronto anno su anno. La discesa del crude delle ultime sedute (al di sotto dei $50 al barile) è da ascriversi proprio a questo.
gas naturale verso la brutta stagione
Sempre secondo i dati dell'Energy Information Administration, al momento del rialzo dei prezzi, le scorte di gas naturale negli Stati Uniti si attestavano a 3.247 di trillion cubic feet, il 16% al di sotto della media quinquennale. In tale situazione, ad ogni previsione di brutto tempo potrebbe corrispondere sul mercato un'eccessiva preoccupazione di fornitura insufficiente, che peggiorerà col prosieguo dell’inverno.
Il gas naturale sta inoltre entrando nella propria stagione di stallo, con le aziende produttrici che tipicamente chiudono i battenti da novembre a marzo, per condizioni climatiche rigide che limitano ed ostacolano i processi di immagazzinamento delle scorte.
Petrolio, gas e carbone: le variabili future
Analizzando il mercato e le dinamiche che potrebbero contribuire ad aggiungere pressione al comparto del oil & gas (in direzioni opposte), la crescita della domanda di gas naturale da parte di Cina ed Asia è tra queste. L’impegno di Pechino nella “lotta all’inquinamento” prevede infatti la sostituzione del carbone di più bassa qualità con materiali a minor impatto ambientali, tra cui il gas naturale.
Dal canto suo, la scorsa settimana, il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha annunciato l’intenzione di “aumentare l'utilizzo di gas naturale di 2,5 volte entro la fine del prossimo decennio", col fine di mitigare la dipendenza di Nuova Delhi dal petrolio.
Da ultima, l'Australia: per via di problemi ambientali e danni al settore agricolo, il Paese ha dovuto affrontare un periodo di forte carenza di gas. I governi locali hanno infatti limitato (fino a vietare completamente) l'attività di esplorazione in molte regioni, anche alla luce del fatto che gran parte del gas prodotto dall’Australia viene trasformato in GNL (gas naturale liquefatto) ed esportato al di fuori dalla nazione.
Divergenza dei prezzi... ed un rischio
Sebbene petrolio e gas siano spesso correlati in termini di esplorazione e produzione, i loro prezzi non sono necessariamente speculari e possono a volte divergere. I recenti fatti lo dimostrano.
A preoccupare, oggi, è un'evidenza: il mercato del gas naturale è ben più piccolo rispetto a quello del greggio ed il rischio è che grandi gruppi petroliferi cerchino di saltare sul carro dei rialzi per avviare la propria produzione beneficiando del recente rally dei prezzi. Come cambierebbero le dinamiche di output se ciò si verificasse?
La parola ai numeri... e alle previsioni del tempo.