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Il metallo prezioso riparte la settimana con il segno meno, dopo aver chiuso il peggior mese da novembre 2016.
Non si arrestano le perdite sull'oro, che ha chiuso il mese di giugno con un -3,75%, la peggior performance da novembre 2016. Il mercato continua ad essere appessantito per lo più dal dollaro forte, oltre che al miglioramento dell'outlook sull'inflazione sia nella zona Euro che negli Usa. Gli investitori sembrano abbandonare la speranza di un rimbalzo con il prezzo che è sceso nelle ultime ore ai nuovi minimi da dicembre scorso. Una conferma arriva anche dai dati della Commodity Futures Trading Commission (CFTC), secondo cui la scorsa settimana gli speculatori hanno ridotto le loro posizioni nette lunghe al COMEX. In calo anche l'oro fisico detenuto dal SPDR Gold Trust, il più grande ETF del mondo.
Sono terminate qui le vendite? Probabilmente un ritorno delle tensioni geopolitiche o un'escalation dei timori di una guerra commerciale potrebbero rispolverare il risk off sui mercati, favorendo l'oro. Rimane questo il nostro scenario base.
Graficamente, la rottura del supporto strategico di 1.300 dollari/oncia a giugno è stato determinante per la prosecuzione della discesa sino a 1.245 dollari. Il supporto qui è molto forte, dato che qui passa la trend line rialzista che unisce i minimi di dicembre 2015 con quelli di dicembre 2016. Inoltre questo livello costituisce anche il secondo dei ritracciamenti di Fibonacci nell'ascesa degli ultimi due anni culminata a marzo scorso.
Pertanto una rottura di questo supporto potrebbe aprire a un'estensione della flessione piuttosto marcata, almeno fino a 1.200-1.210 dollari e poi verso i minimi di dicembre 2016 (a 1.125 dollari). Solo un ritorno sopra 1.275 dollari (linea che unisce i minimi degli ultimi mesi perforata solo a giugno), potrebbe allontanare temporaneamente questo quadro ribassista. La vera resistenza strategica rimane 1.300 dollari, oltre la quale il rimbalzo acquisirebbe maggiore forza e punterebbe a 1.375 dollari.
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