Prezzo del petrolio ai massimi da oltre due mesi, in calo le scorte Usa
Quasi 5 mila milioni di barili in meno nell’ultima settimana (il calo più profondo dal dicembre scorso) e l’ottimismo per la fine del lockdown anche negli Usa spingono al rialzo il prezzo del greggio
L’ottimismo con cui, da oggi, le restrizioni post-coronavirus sono state allentate (in maniera più o meno blanda) in tutti gli Stati Uniti ha spinto al rialzo il prezzo del petrolio, che si mantiene stabile sopra la soglia psicologica dei trenta dollari al barile. Complice dei rialzi di oggi è anche il buon dato sulle scorte di petrolio, rilasciato a metà pomeriggio dall’Eia (Energy information Administration).
Quali fattori stanno trainando al rialzo il prezzo del petrolio?
La riapertura dell’economia
Il ritorno dei cittadini americani al lavoro fa ben sperare per i consumi di carburante, ma a trainare i prezzi al rialzo sono soprattutto la graduale riapertura delle rotte commerciali e di quelle aeree.
Per quanto gli investitori siano ancora il bilico tra il lasciarsi andare alle prospettive di recupero post-coronavirus, da un lato, e il mantenersi cauti in vista di una possibile seconda ondata di contagi – che porterebbe di nuovo alla chiusura totale – dall’altro, al momento i primi sembrano prevalere.
Probabilmente serviranno anni prima che il barile torni ai livelli precedenti alla pandemia, ma il mercato delle materie prime sembra apprezzare la lenta risalita: già restare sopra i trenta dollari al barile per tre giorni di fila basta per infondere ottimismo. Nell’ultimo mese il Wti ha guadagnato quasi il 70%, il Brent è salito del 39%.
La situazione nelle sedi di stoccaggio
Quando, a maggio, il principale sito di stoccaggio Usa, quello di Cushing (Oklahoma), ha rasentato la saturazione con oltre il 70% di spazio occupato, per gli esperti potrebbe essere stato il picco della crisi petrolifera – e, dunque, ora non si può che riemergere.
Oggi i datti dell’Eia hanno riportato scorte Usa in calo di quasi 5 mila milioni di barili (4.983), un taglio di gran lunga superiore a quello della settimana scorsa, quando le scorte erano diminuite di 745 mila barili.
A Cushing si contano invece 5.587 milioni di barili in meno e, anche in questo caso, il dato è migliore delle previsioni (che stimavano un ribasso di 5.492 milioni di barili) mentre la settimana scorsa le scorte erano diminuite di poco più di 3 mila barili.
All’inizio della crisi coronavirus, l’Eia aveva stimato un aumento nelle scorte Usa di 6,6 milioni di barili al giorno durante il primo trimestre, che sarebbero diventati 11,5 milioni di barili al giorno nel secondo trimestre, proprio a causa delle restrizioni necessarie per contenere il virus.
Diminuisce inoltre la previsione per i consumi di greggio che, rispetto al 2019, si calcola possano scendere di 8,1 milioni di barili al giorno.
I tagli alla produzione
D’altra parte, tra i fattori più rilevanti nello sprint del barile rientra sicuramente il taglio alla produzione disposto dagli stati dell’Opec (e relativi alleati) che, insieme a riduzioni volontarie aggiuntive (come quelle degli Usa), dall’inizio di maggio hanno contribuito a ridurre la pressione sul greggio.
In occasione del G20 Energia, convocato lo scorso 10 aprile, i principali produttori di petrolio a livello globale si sono infatti accordati per tagliare la produzione di 9,7 milioni di barili al giorno – al tempo venne stabilito che i tagli sarebbero progressivamente diminuiti a partire da luglio, ma nelle ultime settimane si è fatta strada l’ipotesi di protrarli fino alla fine del 2020.
Quali sono i rischi all’orizzonte?
Salvo eventi straordinari all’orizzonte (che, considerando le tensioni tra Cina e Usa delle ultime settimane o il rischio di una seconda ondata di Covid-19, non sarebbero da escludere), gli analisti si aspettano che il prezzo del greggio resti ormai stabile al di sopra dei trenta dollari al barile.
Eppure gli operatori tengono d’occhio l’andamento del mercato, pronti a cogliere i segnali di rischio: non è escluso che un aumento troppo veloce del prezzo del petrolio possa far tornare i produttori a estrarre greggio ai livelli pre-crisi prima del previsto, con il rischio di un crollo analogo a quello che, il mese scorso, per la prima volta nella storia ha portato il prezzo del Wti in territorio negativo.
Al momento, il Wti viaggia a quota 33,16 dollari al barile dopo aver raggiunto un massimo di 33,77 dollari (il valore più alto dal 13 marzo), mentre il Brent segna 35,66 dollari al barile, tornando ai massimi dal 9 aprile.
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