Prezzo del petrolio crolla dopo vertice Opec+, ma c'è l’intesa
Un taglio da dieci milioni di barili almeno fino a giugno, per poi diminuire gradualmente. Ma ancora non è abbastanza per recuperare il crollo della domanda e manca il sì del Messico: Wti in calo di quasi il 10%
Dopo un marzo in cui il prezzo del petrolio è sceso ai minimo dai tempi della guerra del Golfo, è arrivata l’intesa tra i paesi principali esportatori di petrolio – membri dell’Opec e non solo. La produzione mondiale scenderà di dieci milioni di barili al giorno fino a maggio-giugno, per poi tornare gradualmente ad aumentare. Si tratta del taglio più profondo mai accordato dai produttori mondiali di petrolio.
Come verranno distribuiti i tagli?
Arabia Saudita e Russia, rispettivamente seconda e terza nell’estrazione mondiale di greggio, procederanno con tagli di tre milioni di barili al giorno (Arabia Saudita) e due milioni di barili al giorno (Russia). I restanti paesi di divideranno tra loro tagli per altri cinque milioni di barili al giorno. I tagli resteranno in vigore fino alla metà del 2020 (sebbene Riad abbia comunicato di essere disposta a un prolungamento degli stessi), per poi scendere a otto milioni di barili in meno al giorno tra luglio e dicembre e sei milioni di barili in meno fino all’aprile del 2022.
Mancano all’appello gli Stati Uniti, che nei giorni scorsi avevano dichiarato di non voler prendere parte ai tagli della produzione (il presidente Donald Trump ha asserito mercoledì scorso che comunque la produzione Usa si conferma già in diminuzione, proprio in seguito al calo della domanda globale); le discussioni proseguiranno comunque oggi, durante la riunione del G20 energia.
E manca anche il Messico, che in realtà ancora non ha dato all’accordo il consenso. Durante l’incontro i partecipanti hanno stabilito che l’assenso di ogni nazione sia fondamentale per l’implementazione del programma di tagli. Di nuovo, ciò pone ulteriori speranze nella riunione di oggi. Secondo fonti vicine alla trattative, sembra che il Messico nutra delle riserve sull’entità e sulla durata dei tagli.
In totale, la produzione mondiale scenderà tuttavia solo del 10% - molto meno rispetto a quanto sia calata la domanda in seguito alla guerra dei prezzi scatenata da Russia e Arabia Saudita, che a fine marzo segnava un ribasso del 12%.
Perché il prezzo del petrolio è crollato?
Alla fine, dunque, la Russia non solo ha acconsentito a ridurre la propria produzione petrolifera, ma addirittura a condizioni più gravose rispetto a quelle che, poche settimane fa, aveva portato il ministro dell’Energia russo Alexander Novak ad abbandonare il tavolo delle trattative Opec+.
Durante la riunione dell’Organizzazione dello scorso 6 marzo, infatti, Mosca aveva finito per rifiutare la proposta di ulteriori tagli alla produzione per 1,5 milioni di barili al giorno. La strategia di Riad per pilotare il prezzo del greggio prevedeva infatti tagli alla produzione distribuiti tra tutti i membri dell’Opec+, al fine di mantenere il barile stabile.
Al rifiuto della Russia, il regno saudita ha reagito con la strategia inversa: un aumento della produzione fino a 13 milioni di barili al giorno, a cui Mosca non ha tardato a rispondere, che in poche settimane ha fatto sprofondare il prezzo del greggio di oltre due terzi, fino a rischiare di scendere sotto i 20 dollari al barile.
Allo stesso tempo, la situazione si è aggravata a causa del diffondersi della pandemia di coronavirus, che ha provocato un drastico calo della domanda. Nel tentativo di contenere la diffusione del virus, nelle stesse poche settimane oltre la metà della popolazione mondiale (circa quattro miliardi di persone) si è ritrovata costretta a casa, con un calo considerevole del consumo di carburante, complice anche il blocco di migliaia di voli.
A quanto viaggiano attualmente le quotazioni del petrolio?
D’altra parte i tagli, seppur ingenti, non sono quello che il mercato si aspettava. Nei giorni scorsi Trump aveva ipotizzato che i tagli potessero arrivare fino a 15 milioni di barili al giorno – e comunque, anche in questo caso, difficilmente sarebbe stato possibile tornare ai prezzi pre-crisi.
Nelle ore immediatamente successive all’annuncio dell’accordo, il Brent ha subito un calo di oltre il 4%, scendendo a 31,48 dollari al barile, mentre il Wti è crollato a 22,7 dollari al barile, perdendo il 9,29%.
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