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Prezzo del petrolio torna a salire grazie alle importazioni cinesi e all’ottimismo per il post-lockdown

Le scorte di Pechino, ma anche l’allentamento delle restrizioni alle attività economiche e i tagli alla produzione: sono le cause che spingono il rally del greggio, resta l’ombra della recessione

Piattaforma petrolifera Fonte: Bloomberg

Il rally del petrolio delle ultime ore è riuscito a mantenere alti i guadagni su Wall Street nonostante l’ultimo dato sulle richieste di nuovi sussidi di disoccupazione negli Usa, che la scorsa settimana hanno toccato 3,17 milioni di unità: un dato record ma che conferma un trend in calo nel contesto macroeconomico della pandemia di coronavirus.

Cosa ha causato il rialzo del prezzo del petrolio?

Le importazioni cinesi

La spinta al prezzo del greggio è arrivata soprattutto da Pechino. Secondo un’analisi condotta dall’agenzia Reuters la Cina, primo importatore di greggio al mondo, ad aprile ha aumentato il volume degli acquisti fino a 10,42 milioni di barili al giorno, rispetto ai 9,68 di marzo. Nel momento in cui, ad aprile, il mercato delle materie prime ha rischiato il collasso, con i prezzi del petrolio crollati ai minimi storici in seguito all’iper-produzione da parte di Russia e Arabia Saudita, Pechino ha infatti sfruttato l’occasione per rinforzare le proprie scorte.

Proprio stamattina inoltre la Cina ha pubblicato risultati oltre ogni previsione sul volume delle esportazioni che, ad aprile, sono balzate in avanti del 3,5%, rispetto alle attese degli economisti che, complice la crisi coronavirus, attendevano ribassi intorno al 15,7%. A marzo, l’export cinese era sceso del 6,6%. Il dato, inaspettatamente favorevole, ha oscurato quello sulle importazioni (scese del 14,2%), portando la bilancia commerciale in rialzo di 45,34 milioni di dollari.

D’altra parte, si tratta di esportazioni dirette per lo più nei paesi del sud-est asiatico, mentre il volume dei commerci con l’occidente risente (ed è destinato a risentire ancora) della pesante crisi economica scatenata dalla pandemia di Covid-19, che sta spingendo le principali economie mondiali verso la recessione.

Il ritorno alla normalità post-coronavirus

Proprio tale recessione frena però gli animi degli analisti. Al momento sembra infatti che il prezzo del greggio stia risalendo soprattutto per le aspettative di un graduale ritorno alla normalità, ma la ripresa sarà lenta e difficilmente richiederà gli stessi volumi di greggio risalenti a prima della crisi coronavirus.

Negli ultimi giorni oltre la metà degli Stati Uniti ha iniziato ad allentare le misure di lockdown, spingendo leggermente in rialzo la domanda, passata da 5,9 milioni di barili al giorno a 6,7 milioni – comunque tre milioni in meno rispetto al normale.

Il taglio della produzione

Dal primo maggio i membri dell’Opec+ e gli Usa hanno dato il via al taglio della produzione di petrolio stabilito al G20 energia del 10 aprile scorso. Nonostante la riduzione di 9,7 milioni di barili al giorno sia stata giudicata insufficiente per rientrare di un calo della domanda che, per tutto il 2020, si stima sia scesa di circa il 30%, i tagli sembra abbiano generato un iniziale ottimismo tra gli investitori.

D’altra parte, il rischio di esaurimento dei siti di stoccaggio permane e, secondo gli analisti, sarà proprio questo fattore a costituite un tetto al prezzo del petrolio. Solo ieri il sito di Cushing, in Oklahoma, ha registrato un incremento delle scorte per la nona settimana consecutiva, arrivando a contrare oltre 65 milioni di barili.

A quanto viaggiano oggi le quotazioni del petrolio?

Al momento, il Wti viaggia a quota 25,77 dollari al barile, in rialzo del 7,42%, mentre il Brent del Mare del Nord si mantiene sopra i trenta dollari al barile (30,67), guadagnando il 3,20%.

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