Sugli indici di Borsa regna la volatilità, funziona il rimbalzo del Pmi cinese
Mattinata di cauto ottimismo per gli indici mondiali dopo il buon dato degli ordini agli acquisti cinesi. Occhi puntati sul petrolio, mai così basso dal 2002
Apertura in positivo per l’Europa, in una giornata dove a tenere banco sono i buoni dati (ma non abbastanza) provenienti dall’indice Pmi cinese e, soprattutto, il prezzo del petrolio, che nelle ultime ore è sceso pericolosamente vicino alla soglia psicologica dei 20 dollari al barile.
Come hanno chiuso gli indici asiatici?
I leggeri rialzi dei listini cinesi sono stati compensati dalla chiusura in area negativa dell’indice Nikkei, in Giappone, dopo il cauto ottimismo con cui l’istituto nazionale di statistica cinese ha accolto il dato sugli ordigni agli acquisti dei direttori d’impresa nel settore servizi e manifatturiero.
L’indice Pmi manifatturiero di marzo ha infatti segnato un notevole rimbalzo, dai 35,7 punti di febbraio a 52 – oltre lo spartiacque dei 50, che segna il passaggio tra recessione e accelerazione dell’economia, e superando le aspettative, ferme a 45 punti. Buoni risultati anche per quanto riguarda i servizi, dove l’indice Pmi ha segnato un’accelerazione dai 29,6 punti di febbraio a 52,3.
Eppure, gli esperti dell’istituto di statistica nazionale della Cina hanno subito frenato gli entusiasmi: l’indice riflette anche e soprattutto le forti misure di supporto all’economia implementate per far fronte all’emergenza coronavirus, responsabile del basso dato di febbraio. Non solo: il fatto che il dato sia positivo, ma non eccezionale, riduce le possibilità di una ripresa a V.
Per questi motivi la chiusura della sessione asiatica è stata altalenante: i mercati cinesi hanno comunque apprezzato il risultato, con Shanghai che ha chiuso in leggero rialzo, sebbene prossima alla parità (+0,11%), idem Shenzhen +0,58% e China A50 + 0,14%.
Più cauto invece il Giappone, dove il Nikkei ha perso lo 0,88% e il Topix il 2,26%.
Cosa è successo intanto negli Usa?
I futures su Wall Street sono positivi dopo che, ieri sera, sulla Borsa di New York i principali indici hanno chiuso in area positiva. A trainare gli altri è stato il Dow Jones, dove Johnson & Johnson è schizzata dell’8% grazie all’annuncio di un possibile vaccino contro il coronavirus.
Ma a ridare fiducia agli indici sono state anche le nuove restrizioni approvate dal presidente Usa Donald Trump, che durante lo scorso fine settimana ha annunciato il prolungamento delle misure di distanziamento sociale fino alla fine di aprile (l’idea originaria del Tycoon era quella di riaprire il prima possibile tutte le attività, per evitare pesanti ricadute economiche), oltre a godere degli ingenti aiuti fiscali predisposti dal Congresso (oltre 2 mila miliardi di dollari per imprese e famiglie) e di quelli monetari.
Come si è mosso il prezzo del petrolio?
Eppure, gli investitori continuano a guardare con preoccupazione al prezzo del barile, in caduta libera a causa della concomitanza tra il calo della domanda provocato dai lockdown per contenere l’espandersi del coronavirus e la guerra dei prezzi scatenata tra Russia e Arabia Saudita.
In nottata, il greggio ha toccato minimi che non si vedevano da 18 anni, con il Wti che ha sfiorato i 20 dollari al barile, salvo poi risalire leggermente – al momento, il Wti viaggia a quota 22,68 dollari al barile, il Brent a 26,97 dollari al barile.
Qual è stata la reazione dell’Europa in apertura?
A quanto pare, pur con tutte le cautele del caso, i dati provenienti dalla Cina fanno ben sperare l’Europa, dove l’emergenza coronavirus è ancora in pieno svolgimento. Le principali piazze viaggiano tutte in are positiva: Parigi guadagna l’1,45%, Francoforte il 2,44%, Londra +1,85%, Madrid +1,71% e, infine, Piazza Affari arriva a segnare un rialzo del 2,50%.
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