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Caos mercati, Cina porta i dazi all’84% sui beni USA

Mercati in forte ribasso dopo le decisioni del governo di Pechino di aumentare i dazi sui beni importati dagli USA

Fonte: Bloomberg

Un breve riassunto degli scontri commerciali tra USA e Cina

Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina sono riesplose in modo drammatico nelle ultime ore, dando il via a una nuova escalation di dazi incrociati che sta scuotendo i mercati globali.

Tutto è cominciato il 2 aprile 2025, il cosiddetto Liberation Day, giorno che avrebbe dovuto simboleggiare secondo l’amministrazione Trump la liberazione dagli squilibri commerciali con l’estero.

Il presidente Donald Trump, durante una conferenza stampa nel Rose Garden della Casa Bianca, ha annunciato un dazio del 34% su una vasta gamma di beni importati dalla Cina. La mossa è stata presentata come un passo necessario per “liberare l’economia americana dalla dipendenza da Pechino”, in linea con la politica di rilancio del manifatturiero interno e del “Buy American”.

La risposta cinese non si è fatta attendere: nel giro di pochi giorni, Pechino ha replicato imponendo a sua volta un dazio del 34% sui prodotti americani, accusando Washington di voler sabotare il commercio internazionale e minare la stabilità economica globale.

Il confronto si è ulteriormente inasprito con una nuova mossa shock da parte degli Stati Uniti: un aumento dei dazi al 104%, annunciato come risposta diretta alla “aggressione commerciale cinese” e presentato come protezione per le aziende americane che, secondo Trump, “non devono più subire la concorrenza sleale di Pechino”.

Cosa è successo nelle ultime ore?

Oggi la Cina ha colpito con una controffensiva storica, annunciando un dazio dell’84% su tutte le merci importate dagli Stati Uniti. Il Ministero delle Finanze cinese ha definito la misura “necessaria e proporzionata” di fronte a quella che considera un’escalation unilaterale da parte americana, e ha sottolineato che Pechino “difenderà con forza i propri interessi economici e commerciali”.

Questa nuova guerra dei dazi riapre vecchie ferite e solleva forti preoccupazioni nei mercati globali: borse in calo, tensioni sulle materie prime e rischio concreto di una nuova fase di rallentamento economico internazionale.

Reazione dei mercati

Dopo la notizia dell’ultima risposta cinese sui dazi, i mercati azionari europei hanno aumentato le perdite (Germania -4%, Italia -4%, Francia -3%). Sui mercati finanziari statunitensi scendono le quotazioni di indici azionari, dei bond governativi e del dollaro USA, un chiaro segnale della perdita di fiducia degli investitori sull’economia USA.

Quali sono le preoccupazioni maggiori?

A nostro avviso i timori principali degli investitori sono sull’andamento dei rendimenti del Treasury a 10 anni e del dollaro USA.

Il rendimento del Treasury a 10 anni è considerato notevolmente da Scott Bessent, il Segretario al Dipartimento del Tesoro, che lo giudica come cartina di tornasole sull’efficacia delle politiche economiche dell’amministrazione Trump.

Nelle ultime ore il rendimento del decennale è salito notevolmente fino al 4,50%, confermando un sell-off dei titoli di stato statunitensi. Stasera ci sarà un’emissione di bond decennali con un’offerta da 39 miliardi di dollari. Il rialzo dei rendimenti è un elemento molto negativo per rifinanziare l’enorme debito americano e potrebbe aprire nuove spaccature all’interno dell’amministrazione Trump (dopo il caso Musk-Navarro).

Altra grande preoccupazione è il dollaro che evidenzia dei movimenti come se fosse una valuta di un paese emergente (con variazioni superiori al punto percentuale). Il crollo del dollaro aumenta anche l’impatto dei dazi sui paesi colpiti. La caduta dell'ex re dollaro è legata a tante ragioni:

  • L’aumento delle probabilità di una recessione negli Stati Uniti che dovrebbe obbligare la Federal Reserve a tagliare tante volte i tassi di interesse (grande dilemma per la FED che dovrà scegliere di salvare i posti di lavoro e sostenere la stabilità dei mercati finanziari al costo di non controllare le pressioni inflazionistiche);
  • La perdita di fiducia degli investitori sulle capacità dell’amministrazione Trump di portare avanti politiche economiche efficienti;
  • La riduzione della considerazione del biglietto verde come valuta rifugio nelle situazioni di turbolenze finanziarie;
  • La volontà di alcuni paesi di portare avanti un processo di de-dollarizzazione.

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