Brexit in pausa mentre Londra si prepara a nuove elezioni
Johnson vuole chiamare i cittadini al voto il 12 dicembre, LibDem e Partito Nazionale Scozzese premono per il 9: un gioco di giorni che evita il voto sull’accordo vero e proprio
Ormai è ufficiale: il Regno Unito non uscirà dall’Unione Europea neanche il 31 ottobre. Con buona pace del premier britannico Boris Johnson, il parlamento di Westminster ha preferito continuare a rimandare il bill negoziato due settimane fa con i leader europei, nell’estremo tentativo da parte dell’opposizione di garantire una Brexit “ordinata” e avere il tempo di valutare nel merito i punti negoziati a Bruxelles.
Nuove elezioni: perché?
Di ritorno a Londra con la bozza dell’accordo tra le mani, l’intenzione di Johnson era quella di sottoporlo subito a Westminster (una riunione straordinaria della Camera dei Comuni come quella avvenuta sabato 19 non si vedeva dai tempi della guerra delle Falkland). La settimana scorsa i membri del parlamento si sono espressi in favore del withdrawal agreement, con cui di fatto si autorizza l’accordo, ma non hanno fatto passare l’iter accelerato per approvarlo entro la fine del mese.
Chiamare la popolazione a elezioni anticipate permetterebbe dunque la formazione, nei piani di Johnson, di un parlamento più collaborativo. Ma, ai sensi del Fixed-term Parliaments Act, per chiedere elezioni anticipate Johnson avrebbe avuto bisogno del supporto di almeno due terzi del parlamento – mentre al momento il suo stesso governo non può neanche contare sulla maggioranza.
Per tre volte nella giornata di ieri il premier britannico ha avanzato la mozione per fissare le elezioni il 12 dicembre, e per tre volte è stata respinta. Oggi ci ha riprovato tramite un decreto legge (per far passare il quale avrebbe bisogno semplicemente della metà più uno dei voti) e ha trovato l’appoggio del Partito Nazionale Scozzese e dei Liberaldemocratici, che però accetterebbero elezioni anticipate al 9 dicembre – le prime elezioni sotto Natale per il Regno Unito dal 1923. La svolta, poco prima dell’ora di pranzo, quando un ok alle elezioni è arrivato anche dall’opposizione laburista, la cui priorità al momento è scongiurare una no-deal Brexit.
D’altra parte, la mozione con cui ieri Bruxelles ha approvato l’estensione per la Brexit prevede che, qualora il Regno Unito riesca a far passare il bill relativo all’accordo prima del 31 gennaio, possa uscire prima della scadenza.
Cosa cambiano così pochi giorni di differenza?
In tarda mattinata è arrivata la conferma che a Downing Street sarebbero disposti a una data di compromesso per le elezioni, ovvero l’11 dicembre. Perché due giorni di differenza dovrebbero essere così importanti? La risposta va ritrovata nella mancanza di fiducia delle opposizioni in Boris Johnson: chiamare i cittadini al voto il 9 novembre significherebbe sciogliere le camere al più tardi il 1 novembre, dovendo passare almeno 25 giorni lavorativi tra lo scioglimento delle Camere e le elezioni. In sostanza, verrebbero messe in pausa varie questioni al vaglio del parlamento; d’altro canto, elezioni il 12 dicembre implicherebbero lo scioglimento delle camere il 6 novembre, abbastanza affinché Johnson tenti di presentare di nuovo il withdrawal agreement e rischiare che passi così com’è – ovvero, esattamente secondo i piani del premier: senza emendamenti.
Come ha reagito la sterlina?
Il cambio EUR/GBP è abbastanza stabile quotando a 0,8630. Il cable dopo essere sceso a testare il supporto di breve a 1,28 è risalito a 1,2865.
Gli indici europei non sembrano tuttavia risentire troppo del caos Brexit, soprattutto perché gli occhi di tutti i mercati sono puntati per lo più sulle decisioni di domani della Federal Reserve in materia di tassi d’interesse (probabile taglio del costo del denaro di 25 punti base) e sulla nuova ondata di ottimismo che arrivano dalle due sponde del Pacifico sui negoziati commerciali tra Cina e Stati Uniti (possibile firma di un pre-accordo nel meeting APEC in Cile di metà novembre).
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