Crisi energetica, la frammentazione europea pone rischi alle misure da adottare
Il vertice straordinario per l’introduzione di programmi volti a frenare il caro-energia ha mostrato le difficoltà dell’Unione Europea ad agire in fretta durante le situazioni di emergenza.
Un Europa divisa
La riunione straordinaria dei ministri dell’energia sta mostrando i primi segnali di debolezza dell’Unione Europea a causa delle diverse opinioni che, in caso di necessità, rischiano di arenare in un caos burocratico le mosse della Commissione Europea. Infatti, il meeting non ha l’obiettivo di decidere alcunché ma al contrario di restringere il campo delle proposte da adottare così che possano essere riprese in successive riunioni.
In particolare, a rischio di revisione sembra essere la proposta sul tetto ai prezzi del gas naturale che sta dividendo i ministri recatisi a Bruxelles.
Infatti, i rappresentanti dei paesi dell’Europa centrale e orientale (come l’Ungheria) stanno spingendo per non introdurre un tetto ai prezzi del gas e del petrolio russi. Secondo loro, ciò susciterebbe l’immediato embargo da parte di Mosca e quindi complicherebbe ulteriormente la situazione interrompendo i flussi da cui i loro paesi sono ancora estremamente dipendenti.
Al contrario, a supporto dell’introduzione di un “price-cap” ci sarebbero le repubbliche Baltiche che sostengono fermamente l’iniziativa, ritenendola adatta ad indebolire sostanzialmente la capacità di finanziamento russa a sostegno delle attività belliche in Ucraina.
A sorpresa, sembra invece che si sia raggiunto un parere univoco su due temi. Il primo è quello riguardante il sostegno ai produttori di energia (indeboliti da una crisi di liquidità sul mercato dei derivati) mentre il secondo riguarda il disaccoppiamento dei prezzi del gas da quelli dell’elettricità, indispensabile per cercare di attenuare le crescenti pressioni inflazionistiche (al +9,1% anno su anno nell’Eurozona).
In particolare, questa seconda proposta è stata portata avanti con convinzione dal ministro dell’economia tedesco, Robert Habeck, che ha sostenuto il via libera alla Commissione Europea per delineare un piano d’azione la cui non attuazione rischierebbe di inficiare gravemente sulla crescita economica del Vecchio Continente.
Le altre proposte
Inoltre, alcune indiscrezioni sostengono che c’è già un programma della Commissione Europea, in presentazione questa settimana, che prevede di fissare a €200/MWh i proventi derivanti ai produttori energetici che non utilizzano il gas naturale come fonte primaria per la produzione di energia elettrica (vengono quindi inclusi gli impianti nucleari, i parchi eolici e le centrali termoelettriche a carbone).
Questo dovrebbe evitare ai produttori di corrente elettrica di beneficiare degli extra-profitti generati negli ultimi mesi (infatti questi hanno prodotto enormi ricavi grazie agli elevati prezzi raggiunti sul mercato elettrico senza subire però un corrispettivo aumento dei costi dovuto alle quotazioni record del gas naturale). Il piano, dunque, prevede di reinvestire gli eccessi nei profitti a sostegno del caro-bollette dei cittadini di ogni paese membro.
Non ultimo, i diplomatici europei hanno anche approvato la proposta della Commissione Europea di sostenere finanziariamente i produttori energetici che attualmente stanno subendo una crisi di liquidità creatasi sul mercato dei derivati del gas (sono in aumento le richieste di margine). Infatti, tra i vari paesi, Finlandia e Svezia hanno già agito con un programma ad-hoc.
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