I peggiori crolli della storia della borsa
Il mondo finanziario ha vissuto molti crolli nel corso degli anni. In questo articolo, analizzeremo alcuni dei crolli peggiori della storia e il loro impatto sull’economia globale.
Perché un mercato crolla?
Il crollo di un mercato è causato, oltre che dal fattore economico in sé, anche dal panico che si genera fra gli investitori. Se, infatti, un investitore perde fiducia sull’investimento in un mercato, questo potrebbe comportare la vendita massiccia delle azioni e quindi una drastica caduta dei prezzi. L’aumento del volume delle operazioni di trading è un altro dei fattori che intensifica la caduta dei prezzi.
Con la globalizzazione e l’introduzione delle nuove tecnologie, le crisi si espandono in brevissimo tempo in tutto il mondo, amplificando il collasso dei mercati finanziari.
I crolli avvengono spesso in seguito a un periodo di forte pressione sull’acquisto delle azioni, quando il prezzo dei titoli è così alto da causare una sopravvalutazione. I prezzi lievitano fino a diventare insostenibili, causando il collasso dei mercati. Nonostante i tanti studi e le analisi svolte durante i decenni sul pattern dei mercati, molti economisti sostengono che è molto difficile riuscire a prevedere quando e se un mercato crollerà.
Tuttavia, esistono diversi modi sia per difendersi dalle crisi, sia per imparare a sfruttare i movimenti di prezzo. Scopri che cosa sono le anomalie del mercato.
I più grandi crolli della storia dei mercati finanziari
Indipendentemente dai fattori scatenanti, i crolli dei mercati azionari influenzano profondamente l’economia mondiale. Tuttavia, bisogna tenere presente che non tutte le crisi finanziarie hanno effetti a lungo termine sulle economie. Alcune sono considerate come “crolli lampo”, proprio perché il loro impatto sui mercati è a breve termine.
Esamineremo cronologicamente alcuni dei più famosi crolli finanziari e l’impatto economico che hanno avuto nel mondo.
Il crollo di Wall Street del 1929
Il crollo di Wall Street colpì la borsa di New York (NYSE), il 24 ottobre 1929. È ancora oggi considerato il più grande crollo dei mercati del XX secolo e il peggiore della storia degli Stati Uniti.
Cosa è accaduto?
Durante gli anni ‘20, gli USA e l’Europa stavano vivendo un forte periodo di crescita economica e l’incremento della produzione industriale fece salire il prezzo delle azioni del NYSE fino al 300%. Questa crescita velocissima scatenò l’avidità degli investitori, che potevano comprare azioni e rivenderle a prezzi più alti, incassando profitti notevoli.
Questo periodo, caratterizzato da una speculazione selvaggia, creò una crescita insostenibile, con il prezzo delle azioni gonfiato rispetto al loro valore reale. Inevitabilmente, le aspettative dei mercati e i prezzi dei titoli capitolarono quando 12,8 milioni di azioni furono messe in vendita a Wall Street il 24 ottobre, giorno che storicamente tutti conoscono come “martedì nero”. Durante il 29 ottobre, noto come “giovedì nero”, il volume delle operazioni di vendita della borsa di New York era quadruplicato, per via del panico di massa creatosi fra gli investitori. Il Dow Jones subì una flessione del 12%.
Il crollo di Wall Street sancì l’inizio della “grande depressione”, un periodo di recessione economica lungo dieci anni, che ebbe un impatto notevole sulle economie dei paesi occidentali più importanti, causando l’aumento della povertà e della disoccupazione.
Il lunedì nero del 1987
Il “black monday”, nome dato al crollo delle borse del 1987, ha avuto un forte impatto sulle più importanti sedi economiche del mondo, tra cui Hong Kong, Londra, Berlino e New York. È considerato come il peggior giorno della storia della borsa mondiale dal crollo di Wall Street.
Cosa è accaduto?
Secondo alcuni economisti, la crisi è scaturita dall’eccessiva sopravvalutazione del dollaro americano, che provocò un aumento dei tassi di interesse e la creazione di una bolla speculativa sui mercati azionari. Il trend rialzista dei mercati USA era cominciato diversi anni prima, nel 1982, con la valutazione dei titoli azionari delle società americane che continuava a salire, fino a raggiungere livelli eccessivi.
Alla fine i mercati finanziari sono crollati e nel corso della giornata di lunedì 19 ottobre 1987, l’indice Dow Jones perse ben 500 punti in poche ore, con una flessione di quasi il 22% Iniziò così una fase ribassista dei mercati e il trend colpì anche i principali mercati europei e asiatici.
La crisi, secondo alcuni, è da imputarsi anche all’introduzione dei nuovi sistemi per il trading automatizzato. L’introduzione degli strumenti tecnologici nel trading era ancora agli albori e questi ultimi non avevano la capacità di affrontare una crisi di quelle dimensioni.
Il crollo del 1987 non ha avuto comunque lo stesso impatto sull’economia statunitense come quella del 1929, soprattutto grazie alla Federal Reserve (Fed), che intervenne subito sui mercati tagliando i tassi di interesse, aumentando la liquidità con i prestiti e tramite la compravendita di titoli sul mercato aperto. La crescita degli USA non ha quindi subito effetti collaterali a lungo termine e il Dow Jones è tornato ai livelli pre-crisi in soli due anni.
Il crollo dei mercati azionari del 2008
La crisi delle borse del 2008 cominciò nel mese di settembre, quando il Dow Jones perse 777,68 punti in una sola giornata di negoziazione. Le cause della “Grande recessione”, che cominciarono a manifestarsi durante tutto il 2007, hanno raggiunto il culmine con il rifiuto del congresso USA di varare un decreto salva banche.
Cosa è accaduto?
Durante la metà del 2000, il mercato immobiliare statunitense raggiunse un boom senza precedenti, dovuto alla larga diffusione dei subprime, ovvero prestiti ad alto rischio finanziario concessi dagli istituti di credito in favore di clienti a forte rischio di insolvenza, che non avevano quindi la possibilità di richiedere mutui tradizionali alle banche.
La bolla immobiliare esplose nel 2006, provocando una reazione a catena sui mercati internazionali e sfociando poi nella crisi finanziaria del 2008. Le banche persero la fiducia nei prestiti reciproci, per evitare il rischio di ricevere i subprime come garanzia collaterale. La riduzione dei prestiti ha a sua volta causato un aumento dei tassi di interesse, che ha colpito i consumatori facendo dichiarare bancarotta a molti dei proprietari degli immobili.
L’apice della crisi arrivò nel mese di settembre 2008, quando la Lehman Brothers, fino ad allora quarta banca d’affari degli USA, annunciò il fallimento. La Fed propose al congresso una legge per salvare l’istituto di credito , che fu rifiutata e che successivamente ha provocato il crollo del Dow Jones di 777,68 punti. I mercati di tutto il mondo entrarono in crisi, il petrolio scese da 100 dollari al barile all’inizio di settembre 2008 a soli 70 alla fine dello stesso mese.
Il congresso decise di promulgare la legge a ottobre 2008, ma la situazione era ormai irreversibile. Il Dow Jones scese del 13% e l’economia statunitense subì una contrazione dello 0,3%: gli Stati Uniti entrarono ufficialmente in recessione. La crisi statunitense ha avuto un effetto domino su tutti gli altri paesi e, mentre gli istituti di credito internazionali erano sull’orlo del collasso, i mercati finanziari globali seguirono lo stesso trend, precipitando. Nel mese di marzo 2009, il Dow Jones sprofondò fino a 6594,44 punti.
La crisi finanziaria del 2008 è stata più volte paragonata, per via del declino e dell’impatto avuto sui mercati e sulle economie degli stati occidentali, a quella del giovedì nero del 1929. Basta pensare che soltanto pochi anni fa, nel 2013, i mercati internazionali sono riusciti a risollevarsi dalla crisi.
Il Flash Crash del 2010
Il crollo del 6 maggio 2018 è stato improvviso e ha bruciato miliardi di dollari in poco tempo, colpendo grandi società come Procter & Gamble e General Electric. Il crollo della borsa valori di New York, cominciato alle 14:32, ha avuto una durata di circa 36 minuti: una velocità impressionante, ma che fortunatamente ha avuto un impatto minimo sull’economia statunitense.
Cosa è accaduto?
All’apertura dei mercati del 6 maggio, i mercati erano in subbuglio per via della crisi del debito in Grecia e per le elezioni nel Regno Unito. Subito dopo le 14:30 avvenne il flash crash e il Dow Jones subì un crollo di ben 300 punti in soli dieci minuti. Anche altri indici USA subirono l’impatto della crisi, tra cui S&P 500 e il NASDAQ. Soltanto cinque minuti dopo, alle ore 14:47 il Dow perse altri 600 punti, arrivandone a perdere quasi mille in una sola giornata.
Alle 15:07 il mercato si era già risollevato, perdendo soltanto il 3% rispetto all’apertura. Le motivazioni e le cause del flash crash hanno avuto varie interpretazioni e teorie, dall’errore umano nella digitazione delle cifre (il cosiddetto ‘fat-fingered’ trading), a un attacco di pirateria informatica. Le investigazioni inizialmente si indirizzarono verso un singolo partecipante del mercato. Gli inquirenti pensavano che questi avesse compromesso i dati con lo “spoofing”, una tecnica illegale di manipolazione del sistema informatico per far muovere i prezzi verso una direzione favorevole.
In seguito si scoprì che le cause del crollo erano molteplici. Un rapporto congiunto della Securities and Exchange Commission (SEC) e della Commodity Futures Trading Commission (CFTC), dichiarò che l’inaspettato movimento dei prezzi era stato causato da vari fattori, su tutti la situazione di partenza inusuale dei mercati principali e per via dell’elevato volume di ordini di vendita automatici.1
1 SEC-CFTC, 2010
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