Stime PIL Italia. Crescita del +3,9% quest’anno ma rallentamento nel 2023
L’ISTAT ha pubblicato le nuove stime sul PIL italiano rivedendo al rialzo la crescita nel 2022 e peggiorando quella per il 2023 rispetto al precedente studio di giugno.
I risultati
Oggi l’ISTAT ha rilasciato le nuove stime relative al PIL italiano per il biennio 2022-2023. I valori per l’anno in corso risultano rivisti al rialzo rispetto al precedente studio di giugno con una crescita del +3,9% su base annuale (contro il +2,8%).
Le previsioni relative al 2023 sono state invece aggiornate al ribasso dal +1,9% al +0,4%.
L’ISTAT ha dunque delineato un quadro in miglioramento per il 2022 dove, nonostante le aggressive politiche monetarie delle banche centrali, l’economia italiana ha mostrato una certa resilienza in particolare nell’ultimo mese.
Nello specifico la crescita dovrebbe essere sostenuta dalla domanda interna che resta forte e contribuirebbe positivamente per il 4,2% mentre quella estera è negativa per lo 0,5%. Un altro contributo deriverà dai consumi delle famiglie, che sebbene in evoluzione assieme al contesto macroeconomico, mostreranno una decisa ripresa nell’anno in corso. Un altro elemento trainante saranno gli investimenti che rappresenteranno un elemento fondamentale per sostenere la domanda domestica.
Infatti, a sostegno di questo, si noti che la spesa per i consumi da parte delle famiglie italiane è accelerata nel terzo trimestre 2022 del +2,2% soprattutto grazie alla ripresa degli acquisti di beni durevoli e nel settore dei servizi.
Dal punto di vista del mercato del lavoro, invece, il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere quest’anno fino all’8,1% mentre si alzerà leggermente nel 2023 (8,2%).
Tuttavia, le previsioni sul PIL dipenderanno anche dall’inflazione con lo scenario più ottimistico che prevede una sostanziale riduzione dei prezzi nei prossimi mesi dovuta agli effetti combinati della politica monetaria della BCE e del rallentamento dell’attività economica nel paese.
Infatti, dopo una fase di accelerazione per quasi tutto il 2022, dovuta in particolare alle quotazioni elevate delle materie prime energetiche, l’inflazione sembra essersi stabilizzata nei mesi di ottobre e novembre al +11,8%. Nonostante ciò, nei prossimi mesi l’indice dei prezzi al consumo è previsto in ribasso ma con tempi ed intensità incerti.
Nel 2023, invece, il quadro macroeconomico italiano subirà un deciso rallentamento anche se rimarrà ancora lievemente positivo con una crescita del PIL dello 0,4%. Questo dato sarà spinto pressoché completamente dalla domanda interna e in particolare grazie agli investimenti pubblici, tra cui quelli del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
La domanda interna resterà comunque frenata dall’inflazione che, sebbene in rallentamento, rimarrà comunque a livelli elevati.
Gli effetti sui mercati
Oggi l’indice azionario Italy 40 apre contrastato con molta volatilità soprattutto nelle prime fasi di contrattazione. Nonostante ciò, il paniere mostra un leggero momentum ribassista che lo porta a perdere il -0,41% a metà della seduta di Borsa fino a 24.462 punti.
Anche gli altri indici europei viaggiano in ribasso con il Germany 40, il France 40 e il FTSE 100 che registrano perdite della stessa intensità nell’ordine dello 0,45%.
Sul lato valutario, l’EUR/USD è poco mosso e mostra solo un lieve apprezzamento fino a 1,0515.
Le conclusioni
Le previsioni ISTAT per il 2022-23 aprono una nuova prospettiva che nel complesso risulta più ottimistica delle precedenti stime di giugno. L’economia si dimostra ancora resiliente con la domanda domestica che fornirà il grosso del sostegno al valore del PIL.
Le pressioni inflazionistiche dovrebbero calmierarsi con modalità e tempistiche ancora incerte ma la crescita economica dovrebbe rimanere leggermente positiva. Le recenti stime fanno quindi credere che un “soft landing” sia ancora possibile nonostante le innumerevoli sfide poste dallo scenario macroeconomico e geopolitico.
Nonostante ciò, bisogna riconoscere che le previsioni future si basano su un modello macroeconometrico che, sebbene preciso e affidabile, non ha la certezza assoluta sui risultati ottenuti. Questo perché i modelli matematici di fondo non riescono a cogliere appieno l’imprevedibilità delle variabili economiche che dipendono dall’agire umano.
I dati effettivi potrebbero dunque variare, sia al rialzo sia al ribasso, sulla scia degli avvenimenti futuri.
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