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Curva dei rendimenti Usa si inverte al massimo dal 1981, cosa significa?

Powell ha indotto una reazione negativa sui mercati con un rinnovato timore di un prolungamento della stretta monetaria della Fed. La curva dei rendimenti invertita segnala una recessione ma potrebbe essere un falso segnale.

Fonte: Bloomberg

Il caso

Ieri le parole del numero uno della Federal Reserve Jerome Powell, che ha presentato il resoconto semestrale della banca centrale davanti alla Commissione Bancaria del Senato, hanno riacceso le paure del mercato riguardo alla continuazione della politica monetaria restrittiva della Fed che ad oggi ha portato i tassi di interesse al 4,50%-4,75%.

Powell ha sottolineato che l’inflazione di fondo è ancora elevata e non ci sono grandi segnali di tendenze deflazionistiche, a parte il settore immobiliare, con la banca centrale americana che potrebbe quindi vedersi costretta ad accelerare il ritmo dei rialzi nelle prossime riunioni.

Basti notare che la probabilità di un rialzo dei tassi di 25 punti base (una settimana fa stimata al 70,1%) è subito scesa all’attuale 27,3% mentre al contrario ora il mercato scommette su un rialzo da 50 punti base con una probabilità salita al 72,7% rispetto al 29,9% di sette giorni fa (dati CME FedWatch Tool).

Queste affermazioni hanno quindi tinto di rosso le Borse anche se i movimenti più preoccupanti si sono avvertiti sul mercato obbligazionario. La curva dei rendimenti dei titoli di stato statunitensi si è infatti invertita al livello maggiore dal 1981, momento in cui anticipò la recessione peggiore dalla Grande Depressione.

Che cos’è la curva dei rendimenti?

La curva dei rendimenti o yield curve rappresenta tutti i rendimenti dei titoli di stato di un determinato paese. Normalmente questa curva è inclinata positivamente con i rendimenti a breve (titoli a 3 mesi - 1 anno) che offrono un rendimento minore mentre i titoli a lungo termine (10 - 20 - 30 anni) hanno un rendimento maggiore dato dal rischio più elevato nel detenere asset finanziari per un periodo di tempo più lungo (il prezzo è quindi più basso).

Tuttavia, in momenti di forte incertezza finanziaria ed economica, gli investitori tendono a privilegiare i titoli a più lungo termine (che quindi saliranno di prezzo e scenderà il loro rendimento) mentre venderanno quelli a breve termine (con il prezzo che scende ed il rendimento che sale).

Questo avviene perché i mercati ripongono la loro liquidità in asset più sicuri che non sono influenzati dall’attuale contesto macroeconomico. Di conseguenza, la normale concavità della yield curve si trasformerà in una convessità piuttosto accentuata, proprio come è accaduto ieri a quella degli Stati Uniti.

I rendimenti dei titoli a due anni sono saliti fino al 5,015%, massimo dal 2007, mentre quelli a dieci anni sono scesi fino al 3,968%.

I differenziali di rendimento più seguiti sono quelli tra i titoli a tre mesi e quelli a 10 anni insieme allo spread tra i titoli a due anni e quelli a 10 anni. Al momento, i rendimenti dei titoli a due anni sono costantemente superiori rispetto a quelli dei decennali da luglio 2022 con l’inversione di ieri che ha toccato i -103,1 punti base, il massimo dal 1981.

Cosa significa l’inversione della curva?

L’inversione della yield curve viene generalmente associata ad un cattivo presagio per l’andamento dell’economia. La curva dei rendimenti viene associata ad una sorta di “termometro economico” essendo considerato un preciso indicatore di una recessione. Dati statistici alla mano, dal 1900 l’inversione dei rendimenti a 2 e 10 anni è avvenuta 28 volte e in 22 occasioni questo ha anticipato una recessione.

Tuttavia, la yield curve non sempre annuncia una pronta recessione. Nel 2019 la curva Usa si invertì e la recessione che seguì non fu indotta da una debolezza intrinseca al sistema economico ma dagli effetti della pandemia di Covid-19.

Dunque, per interpretare correttamente l’attuale situazione macroeconomica non basta la curva dei rendimenti che rimane però un indicatore molto importante e da monitorare costantemente.

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