Il Dow Jones estende le perdite ed entra nel mercato orso

Il caso

Nella seduta di ieri il Dow Jones Industrial Average è sceso dell’1,1% portando quindi al 20% il ribasso cumulato dall’inizio dell’anno. Il motivo principale del deterioramento delle quotazioni è la politica monetaria restrittiva della Federal Reserve che ha deciso, da marzo scorso, di alzare aggressivamente i tassi di interesse, fino all’attuale livello compreso tra il 3% e il 3,25% così da calmierare le pressioni inflazionistiche che ad agosto hanno toccato il +8,3% anno su anno.

Tuttavia, oltre a ciò, si sono aggiunte altre esternalità negative che hanno influenzato parecchio i mercati (crescita economica a rilento, invasione dell’Ucraina, crisi energetica) e che ne hanno ulteriormente alimentato i ribassi.

Infatti, anche gli altri due maggiori indici statunitensi, l’S&P 500 e il NASDAQ, hanno registrato, ad oggi, una performance da dimenticare con un calo da gennaio rispettivamente del -23% e del -32%.

L’indice più vicino a Main Street

Il Dow Jones è il secondo indice più antico degli Stati Uniti (il primo è il Dow Jones Transportation Average) e rappresenta l’andamento dei principali 30 titoli quotati sul mercato statunitense.

Il DJIA è quindi un indice azionario calcolato in base alla ponderazione di prezzo (price weighted) ma, a dispetto del nome, non rappresenta uno specifico settore dell’economia americana e comprende invece titoli provenienti dai più diversi segmenti.

Il particolare nome deriva da quello del suo fondatore Charles Dow, editore del Wall Street Journal, e da quello dello statistico Edward Jones che lo calcolarono per la prima volta nel maggio del 1896. Ancora oggi la scelta di includere o escludere un titolo dall’indice spetta alla redazione del Wall Street Journal che utilizza come discriminante il fatto che le società siano stabilmente operanti negli Stati Uniti e che abbiano un ruolo rilevante nel proprio settore di appartenenza.

Nonostante ciò, le modifiche sono rare e avvengono principalmente a causa di operazioni di finanza straordinaria (fusioni e acquisizioni) che interessano una o più società incluse nell’indice.

Il Dow Jones Industrial Average viene quindi calcolato tutti i giorni in cui la Borsa è aperta, dalle 9:30 alle 16:00, ed il suo valore viene aggiornato dopo ogni transazione che ha come obiettivo una delle azioni rappresentate nell’indice. Nella pratica, il calcolo avviene sommando il prezzo di tutti i titoli che lo compongono e dividendo il risultato per un divisore fisso.

Il concetto di “bear market”

Di solito, il termine “mercato orso” viene generalmente utilizzato dagli operatori finanziari per indicare un calo di almeno il 20% dal picco del valore di un indice. Tuttavia, la S&P Dow Jones Indices (la società che gestisce l’S&P 500 e il Dow Jones) ha una definizione più particolare.

Secondo la società, un “bear market” sarebbe un ribasso del 20% o più da un picco dell’indice, seguito però da un rialzo del 20% da quel minimo (quindi l’indice sarebbe ancora al di sotto del livello iniziale). Di conseguenza, gli investitori sanno di essere usciti da un mercato orso solo quando il nuovo valore supera il vecchio picco e quindi il punto minimo diventa il metro di paragone del mercato toro.

Nonostante la questione terminologica possa risultare alquanto effimera, il consensus generale indica che si prevedono tempi duri anche per il più resiliente tra gli indici di Wall Street.

Le performance di oggi

Questa mattina, nel premarket, i futures con sottostante i principali indici di Wall Street sono in verde con quelli sull’S&P 500 che guadagnano il +0,70%, mentre quelli relativi a NASDAQ e Dow Jones sono in positivo rispettivamente del +0,93% e del +0,48%.

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