Inflation Reduction Act: scontro commerciale Bruxelles - Washington
Il programma statunitense potrebbe penalizzare le imprese europee che operano nei settori coinvolti dal piano di sussidi. UE propone emendamenti o intervento WTO.
Il caso
Cresce la tensione fra Stati Uniti ed Europa in merito agli effetti dell’Inflation Reduction Act. Il programma di sussidi, promosso dal Governo Biden ed effettivo dal 16 agosto scorso, raccoglierà circa $738 miliardi di cui $391 miliardi saranno diretti principalmente verso il settore dell’energia, $238 miliardi saranno utilizzati per ridurre il deficit di bilancio mentre la restante parte sarà volta a calmierare i prezzi delle medicine e a riforme sulle tasse.
Il programma sarà però sbilanciato verso il tema della sostenibilità ambientale con la maggioranza degli investimenti che saranno indirizzati verso lo sviluppo delle energie rinnovabili e l’implementazione dell’infrastruttura esistente ($158 miliardi), dell’energia nucleare ($30 miliardi), dei veicoli elettrici ($13 miliardi) e per l’efficienza energetica nelle abitazioni ($36 miliardi).
Perché l’Europa è contraria al piano?
Il motivo principale dell’attrito, sorto dopo l’approvazione del piano di sussidi, è che le imprese europee risulteranno particolarmente svantaggiate in quanto non usufruiranno dei tagli fiscali previsti invece per le loro controparti d’Oltreoceano.
Di conseguenza, con l’introduzione dell’Inflation Reduction Act risulteranno privilegiate - come è logico - le aziende statunitensi.
La querelle è quindi arrivata fino ai piani alti di Bruxelles con la Commissione Europea che vuole portare la questione all’attenzione del WTO (World Trade Organization).
Infatti, sebbene la Commissione apprezzi gli ingenti investimenti rivolti verso le energie rinnovabili (obiettivo primario anche dell’agenda europea) riconosce però anche lo svantaggio a cui vanno incontro i partner commerciali europei.
La questione riguardo alla perdita di competitività delle imprese estere nei confronti di quelle statunitensi ha attirato anche le proteste della Corea del Sud le cui case automobilistiche non potranno usufruire dei vantaggi fiscali al pari di quelle europee.
Quali sono le soluzioni?
L’Europa si rende conto che non può chiedere al Congresso statunitense una revisione completa del programma e quindi sta cercando di fare pressioni per poter ottenere delle esenzioni allo stesso modo di paesi come il Canada e il Messico.
I governi europei sono però impazienti e premono per una soluzione rapida ad un problema che potrebbe indebolire molto la competitività delle imprese del Vecchio Continente.
Tuttavia, nessuno vuole riportare in auge le tensioni commerciali viste durante la Presidenza Trump (2016-2020) ma, se non si troveranno degli accordi, Bruxelles non esiterà a sottoporre la questione al WTO (anche se questa organizzazione non può dare dei pareri vincolanti ma solo raccomandazioni in quanto il suo ruolo si limita a quello di un “tavolo di confronto” tra i vari paesi).
A questo punto l’unica risoluzione sembra la via diplomatica (la concessione di esenzioni alle imprese europee) anche se non mancano le pressioni per una risposta più forte con un programma ad-hoc per incentivare gli acquisti verso i beni prodotti dalle aziende del Vecchio Continente (tesi supportata soprattutto dal presidente francese Emmanuel Macron).
Tuttavia, la questione ha fatto nascere ripensamenti anche all’interno degli Stati Uniti dove molti criticano l’effettiva riduzione dell’inflazione a seguito dell’introduzione del piano di sussidi.
La questione rimane quindi alquanto ingarbugliata anche se l’amministrazione Biden si è dimostrata particolarmente favorevole a modificare il programma IRA in modo da non perdere un partner commerciale importante come l’Europa.
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