Piano Minerva: TIM giù in Borsa del -0,90% ma la performance a un mese è del +34%

I precedenti

Avevamo lasciato la querelle TIM allo scorso maggio quando le parti in causa (KKR, Macquarie e CDP) avevano firmato il MoU (Memorandum of Understanding) ovvero una lettera d’intenti che fissava un limite (al 31 ottobre) per l’integrazione dell’infrastruttura di fibra ottica (FiberCop) con quello di Open Fiber (Enel).

Come volevasi dimostrare, però, complice anche il cambio di governo, la scadenza è stata poi prolungata fino al 30 novembre, termine ultimo in cui si capirà se resta qualche chance per integrare le due società attive nella fibra ottica in una sola.

Nel frattempo, il titolo sale su una conclusione delle trattative in vista anche della trimestrale (in pubblicazione il 9 novembre) e confortato dalle parole del nuovo Premier Giorgia Meloni che ha indicato che la società “deve essere una sola e a controllo pubblico”.

Tuttavia, in attesa di ulteriori sviluppi della situazione, gli investitori stanno anche scontando un possibile rispolvero del cosiddetto Piano Minerva, messo sul tavolo questa estate dal sottosegretario all’innovazione tecnologica Alessio Butti.

Il Piano Minerva

Più in dettaglio, il programma prevederebbe un’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) da parte di CDP sull’intera TIM, con un esborso inferiore rispetto a quello previsto per la sola FiberCop. Da qui, la nuova proprietà si prodigherebbe nello “spolpare” la società, vendendo gli asset commerciali (clienti inclusi) così da ridurre il debito (quello netto atteso in rialzo a €25 miliardi) e trasformare il gruppo in un operatore “wholesale” in linea con le direttive del Governo e di Bruxelles.

Tuttavia, c’è da dire che la manovra ricorda più quelle dei corporate raider statunitensi degli anni ’80 rispetto ad un più consono piano di ristrutturazione aziendale.

Nonostante questo, dal punto di vista degli azionisti, KKR e Vivendi potrebbero rimanere nella nuova entità come soci di minoranza così come il fondo australiano Macquarie.

Insomma, il dossier TIM rimane uno dei più ingarbugliati dell’attuale Governo ma sicuramente l’apertura di un piano B per la risoluzione della questione, sempre che non si proceda con l’integrazione entro fine novembre, potrebbe fornire un’opportunità in più per sperare in una sua pronta conclusione.

Le previsioni

Dal punto di vista meramente finanziario, il titolo TIM quota ormai stabilmente ai livelli di una penny stock, a €0,24 centesimi. Inoltre, le forti oscillazioni di prezzo delle ultime settimane (performance a un mese +34% e a 5 giorni +12%) sono dettate dalle aspettative speculative degli operatori riguardo ad una pronta conclusione del dossier.

Da parte nostra, crediamo che la questione sia ben lungi dall’avviarsi ad una pronta conclusione dati gli innumerevoli interessi in causa che, talvolta, risultano pienamente contrastanti.

Nonostante ciò, il titolo potrebbe ulteriormente salire fino alla resistenza di €0,27, picco del luglio scorso, nel caso in cui il mercato intraveda uno spiraglio in merito alla finalizzazione di un accordo.

In caso contrario, le quotazioni continueranno a mostrare molta volatilità con obiettivi short di breve periodo intorno al supporto di €0,20.

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