Powell: la politica monetaria non si deve occupare di climate change
Il Governatore della Federal Reserve ha puntualizzato l’indipendenza della banca centrale statunitense e gli obiettivi primari dell’istituto monetario.
Il caso
Ieri il Governatore della Federal Reserve Jerome Powell ha partecipato ad un simposio economico a Stoccolma, in Svezia, organizzato dalla Sveriges Riksbank, la banca centrale del paese.
Durante il suo intervento, Powell ha richiamato l’attenzione del pubblico sul ruolo che svolge la Federal Reserve nel sistema finanziario puntualizzando che la banca centrale deve rispettare i suoi obiettivi, come da mandato, che sono quelli di garantire la stabilità dei prezzi e il pieno impiego.
Tuttavia, il Governatore ha anche sostenuto che l’istituto monetario deve evitare di rimanere coinvolto in questioni di dibattito politico, come il cambiamento climatico, che non sono direttamente correlate con il suo ruolo.
Il riferimento di Powell alla questione climatica è stata una risposta indiretta contro alcuni esponenti del partito democratico americano e altri gruppi ambientalisti che hanno richiesto un maggiore impegno della banca centrale nella questione. Altre banche centrali, come la BCE, hanno ingaggiato un maggiore sforzo verso questa tematica.
Il Governatore della Fed ha argomentato sostenendo che un impegno troppo invasivo della banca centrale statunitense in questioni che non sono direttamente correlate ai suoi obiettivi richiederebbe un’esplicita autorizzazione da parte del Congresso.
Infatti, la Federal Reserve ha, per mandato, un’indipendenza che le consente di decidere la politica monetaria negli Stati Uniti senza un diretto controllo da parte del Congresso.
La fiducia nel Governatore Powell, il cui mandato è stato rinnovato per altri quattro anni la scorsa primavera, era scesa molto un anno fa quando l’intera cerchia dei funzionari della Fed sosteneva che la crescita dell’inflazione era solo transitoria, cosa che è poi stata smentita dai fatti.
Nel 2022 le pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti sono cresciute ad un ritmo vertiginoso toccando i massimi da quarant’anni fino al +9,1% a/a del mese di giugno. Di conseguenza, la banca centrale ha dovuto reagire in modo repentino e aggressivo alzando i tassi di interesse al ritmo maggiore dagli anni’80 fino all’attuale forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,5%.
Le previsioni
Le parole del Governatore e dei membri del FOMC indicano che la banca centrale vuole continuare ad alzare il costo del denaro in modo aggressivo fino ad un livello leggermente superiore al 5%. I rialzi, dunque, proseguiranno in modo da evitare una ripresa del tasso di crescita dei prezzi che attualmente sono in rallentamento (al +7,1% a/a nel mese di novembre) ma che rimangono ancora elevati.
L’istituto monetario sta però cominciando a preoccupare alcuni politici che temono per un rialzo dei tassi troppo aggressivo che rischia di spingere l’economia in recessione, sebbene le preoccupazioni per questa eventualità siano nettamente migliorate a causa del mercato del lavoro molto forte.
Dal nostro punto di vista, la banca centrale statunitense continuerà ad alzare i tassi, anche se con intensità decrescente, fino a che l’inflazione non mostrerà una stabilizzazione ad un livello non troppo deleterio per l’economia.
Il consensus stima per la prossima riunione del 31 gennaio - 1° febbraio un aumento del costo del denaro di 25 punti base con una probabilità del 79,2% (dati CME FedWatch Tool). Tuttavia, una forte indicazione deriverà dal dato sull’inflazione di dicembre in pubblicazione domani.
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