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I crack finanziari del presente

Come possono evolvere gli scenari dei recenti sconvolgimenti sui mercati?

Fonte: Bloomberg

I recenti crack finanziari

FTX

Il fallimento della piattaforma di scambio di criptovalute FTX è stato un duro colpo per la reputazione dell’intero mondo degli asset digitali. Le prime avvisaglie di un problema furono date il 6 novembre scorso dal CEO della rivale Binance che avvertì di sostanziali rischi connessi ad Alameda Research, il crypto hedge fund affiliato a FTX.

La notizia generò il panico tra clienti ed investitori che iniziarono una corsa al ritiro dei depositi da FTX prelevando ben $430 milioni in Bitcoin in soli quattro giorni. Il salasso fu fatale per la piattaforma di scambio di token che l’11 novembre dovette dichiarare bancarotta.

La parabola discendente di FTX e del suo fondatore-guru Sam Bankman-Fried è indice della rapidità con cui questi crack societari possono avvenire. Tuttavia, è da riconoscere che l’intero sistema messo in atto reggeva su basi davvero poco solide che al primo serio sconvolgimento sui mercati hanno ceduto rovinosamente.

Nello specifico, Alameda Research utilizzava i fondi dei clienti, a loro insaputa, per compiere operazioni sui mercati mentre gli asset di Alameda erano “garantiti” da un token emesso dalla stessa FTX.

Inutile questionare sull’affidabilità di questa strategia anche se ha dello stupefacente il fatto che questo sistema abbia potuto reggere fino al collasso dato da forti tensioni sui mercati.

La società si è quindi avvalsa del Chapter 11 (la bancarotta assistita nella legge fallimentare statunitense) mentre i vertici aziendali sono stati indagati e al momento sono in attesa di giudizio. Il crollo dell’allora maggiore piattaforma di scambio di token ha generato un effetto a cascata negativo non solo sulle quotazioni delle maggiori criptovalute ma anche su altre società del settore che avevano legami con FTX.

Silicon Valley Bank

La crisi di SVB, banca focalizzata sul settore tecnologico, sta attualmente creando molte apprensioni sui mercati finanziari mondiali in quanto le paure di una nuova crisi finanziaria stanno prendendo sempre più piede tra gli operatori.

La chiusura di Silicon Valley Bank ha portato al bail-out da parte delle autorità statunitensi grazie all’intervento della Federal Deposit Insurance Corporation che ha assicurato tutti i depositi dei clienti. SVB era la sedicesima banca più grande degli Stati Uniti con più di $200 miliardi in asset.

Nonostante ciò, la politica monetaria restrittiva della Federal Reserve, che ha portato i tassi di interesse fino al 4,50%-4,75% nel giro di un anno, ha indotto forti perdite in conto capitale nel portafoglio di titoli di stato detenuti dall’istituto (con tassi di interesse crescenti il rendimento delle obbligazioni sale mentre il loro prezzo scende).

SVB aveva infatti ammassato un’enorme liquidità durante gli anni della pandemia. Inoltre, in questi mesi, le società del settore tecnologico, proprio per far fronte alla situazione macroeconomica particolarmente difficile, hanno iniziato ad attingere abbondantemente dai loro depositi presso l’istituto, riducendone la liquidità disponibile.

Si è arrivati a tal punto per cui le vendite (in perdita) delle posizioni della banca non sarebbero bastate a liquidare tutti i clienti cosa che ha innescato una furiosa corsa agli sportelli per ritirare i propri depositi. Detto questo, le azioni della banca sono scese di oltre il 60% prima che intervenissero le autorità competenti a rassicurare i mercati e a fare da garanzia per i depositi.

Tuttavia, la chiusura di SVB ha scatenato timori in altre istituzioni finanziarie, tra cui First Republic Bank e Signature Bank alle prese con gli stessi problemi.

I possibili fallimenti di domani

Credit Suisse

Il gruppo bancario elvetico, uno dei principali al mondo, sta subendo un vero e proprio salasso da parte dei mercati. La banca svizzera proviene da un periodo fatto di scandali continui che l’hanno coinvolta in riciclaggio di denaro e perdite multimiliardarie dovute ad affrettate speculazioni, tra cui quelle del family office statunitense Archegos e della frode di Greensill Bank.

Nonostante ciò, Credit Suisse non è riuscita a risollevarsi e la recente debolezza finanziaria ha spinto il titolo fino ad un minimo storico il 15 marzo a CHF 1,70.

Il tracollo delle banche americane SVB e Signature Bank hanno quindi indotto molti dubbi sulla solidità patrimoniale della banca svizzera che giovedì 16 marzo ha ricevuto supporto finanziario da parte della Banca Nazionale Svizzera che fornirà fino a CHF 50 miliardi e permetterà alla banca di riacquistare CHF 3 miliardi del suo debito senior.

Una crisi di liquidità sembra essere stata scongiurata in extremis ma le difficoltà per il gruppo non sono finite. Nel 2022 la divisione di Wealth Management, una volta fiore all’occhiello della società, ha subito un massiccio alleggerimento dei patrimoni gestiti a causa delle difficoltà intrinseche della banca.

La situazione resta dunque precaria con alcuni che hanno valutato la possibilità di un acquisizione da parte della concorrente UBS che permetterebbe un’integrazione sinergica delle due entità.

Queste rimangono ancora delle speculazioni ma il futuro per il gruppo svizzero resta ancora molto fosco nonostante sia in corso un corposo piano di turnaround interno.

Banca Monte dei Paschi di Siena

Il Gruppo MPS è all’interno di un lungo processo di ristrutturazione sotto la guida dell’amministratore Luigi Lovaglio che sta tentando di riportarla verso una sostenuta crescita dei ricavi. La banca trae origine dai suoi problemi da un’aggressiva strategia di acquisizione precrisi 2008.

Il take-over da €9 miliardi della concorrente Antonveneta nel 2007, insieme a Banco Santander, e discutibili pratiche finanziarie di occultamento delle perdite hanno portato il governo italiano a dover intervenire nel 2009 con un maxi-prestito da $2 miliardi che ha poi portato alla completa nazionalizzazione dell’istituto nel 2017.

Il gruppo bancario rimane particolarmente fragile e soggetto agli effetti del mercato con un allargamento della crisi bancaria che potrebbe riportare lo spettro del fallimento. In questa eventualità un take-over di MPS da parte di concorrenti ben più capitalizzati potrebbe definitivamente chiudere le problematiche interne degli ultimi 15 anni.

Cosa ci aspetta?

Come detto, le conseguenze della crisi di SVB e delle altre banche Usa non sono ancora quantificabili pienamente sebbene molti sostengano che il fenomeno resti circoscritto. Tuttavia, i mercati sono in forte apprensione con i principali indici e le azioni dei gruppi bancari che hanno subito forti ribassi nelle scorse sedute.

Sicuramente, le crisi qui esposte hanno dei tratti in comune tra loro. Primo, una manchevolezza, fraudolenta o meno, che arriva ad un punto in cui non è più gestibile e di conseguenza esplode. Secondo, la corsa agli sportelli da parte dei clienti per tentare di recuperare ciò che rimane dei loro depositi. Infine, il collasso finale che scatena paure di un contagio più ampio verso altri attori economici.

Conoscere le crisi passate ci può quindi aiutare ad individuare i primi segnali sospetti che possono portare ad un crollo generalizzato anche se ogni volta che questo accade le modalità possono essere diverse.

In conclusione, ci aspettano tempi duri sui mercati a causa dell’ennesimo cigno nero che scombussola le carte in tavola per banche centrali ed investitori. Non sappiamo come si evolveranno le attuali condizioni economiche ma siamo certi che tassi in aumento, inflazione elevata e instabilità finanziaria continueranno a rimanere un problema nei mesi a venire.

Vuoi scoprire di più sugli sconvolgimenti finanziari del passato? leggi l'articolo i crack finanziari passati.


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