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Borsa Italiana attrae sempre meno IPO

Piazza Affari stenta a catalizzare l’interesse delle aziende italiane a causa di un regolamento complesso e macchinoso. Ora la controllata di Euronext cerca di rinnovarsi per ritornare competitiva in Europa.

Fonte: Bloomberg

Il caso

Sempre più aziende decidono di lasciare Piazza Affari attuando un delisting o quotandosi su altre Borse (quella di Amsterdam va per la maggiore) che offrono regole molto più flessibili oltre a numerosi vantaggi dal punto di vista del diritto societario.

Il fenomeno è piuttosto preoccupante visto che la Borsa milanese rischia di perdere il fior fiore delle aziende italiane a causa delle solite complicazioni burocratiche. Tuttavia, il problema non è solo regolamentare. Infatti, bisogna riconoscere un’atavica ritrosia da parte degli imprenditori italiani a quotare le proprie “creature” sul listino per timore di perdere le quote controllanti, necessariamente diluite con lo sbarco sul mercato.

Questo problema è stato purtroppo accentuato nell’ultimo decennio a causa della crescita delle operazioni di private equity. Queste prevedono la partecipazione, di solito con quote di minoranza, in aziende private oppure nel ritiro dalla Borsa di aziende quotate. Queste operazioni di finanza straordinaria vengono attuate mediante i cosiddetti LBOs (Leveraged Buyouts operazioni che utilizzano un 70-90% di capitale preso a prestito insieme ad una piccola quota di capitale proprio, così da aumentare il ritorno sull’investimento mediante l’effetto della leva finanziaria).

Grazie a queste operazioni, numerosi investitori istituzionali riescono a garantire la continuità aziendale alla famiglia controllante e, allo stesso tempo, permettono di monetizzare parte delle quote di controllo familiari, eradicando dal principio i vantaggi derivanti dalla quotazione in Borsa.

A sostegno di ciò basti notare che, solo quest’anno, ben tre grosse aziende saranno delistate da Borsa Italiana. Infatti, Exor, Tod's e Atlantia lasceranno il listino di casa per continuare la loro attività come imprese private o per quotarsi su listini dai regolamenti più accomodanti.

Exor aveva già spostato la propria sede legale e fiscale nei Paesi Bassi nel lontano 2016 anche se il trasferimento delle quotazioni del titolo avverrà solo ad ottobre di quest’anno.

Anche Tod's, lo storico marchio marchigiano di pelletteria, ha definitivamente deciso di lasciare Piazza Affari. Infatti, ad agosto scorso, la famiglia ha deciso di lanciare un’OPA (Offerta Pubblica D’acquisto) sul 25,5% del capitale sociale, quota non detenuta né dalla famiglia né dal magnate francese Bernard Arnault, per un esborso complessivo di €338 milioni (€40 per azione).

Atlantia, invece, primario attore infrastrutturale in Italia e in Spagna, ha deciso di lasciare il listino milanese a causa di un’offerta pubblica iniziale da ben €13 miliardi presentata congiuntamente da Edizione (holding finanziaria a capo della famiglia Benetton, già a capo di una quota del 33,1%) e dal fondo statunitense Blackstone. Nonostante ciò, le tempistiche dell’operazione sono slittate di circa un mese a causa del ritardo nel rilascio delle autorizzazioni da parte delle autorità spagnole.

Altro caso eclatante fu il delisting, nel gennaio 2021, di IMA - azienda controllata dalla famiglia Vacchi - e leader al mondo nella produzione di macchine per il confezionamento nel settore alimentare e farmaceutico. Anche allora, la società preferì alla Borsa la liquidità offerta dal fondo BC Partners.

Tuttavia, nonostante l’emorragia di aziende dal listino milanese, quest’anno Piazza Affari ha comunque attirato ben 20 nuove quotazioni - principalmente nel listino a media capitalizzazione STAR con capitalizzazione fino ad un miliardo di euro - anche se non sono mancate aziende più grandi come Technoprobe che è stata listata con una capitalizzazione di ben €4,4 miliardi.

Le possibili soluzioni

Borsa Italiana rimane uno dei listini più emarginati dall’attenzione degli investitori internazionali tra quelli europei anche se il passaggio di proprietà dal London Stock Exchange Group (LSE) al gruppo Euronext (che comprende già un network di numerose Borse europee: Dublino, Lisbona, Parigi, Amsterdam, Oslo e Bruxelles) potrebbe accelerarne l’ascesa come Borsa specializzata nelle aziende di medie dimensioni e in forte espansione.

Infatti, il listino milanese non ha mai contenuto una grossa componente di titoli tecnologici (anche se i pochi che ci sono - come STMicroelectronics e Reply - risultano molto attraenti). Al contrario, Piazza Affari riflette numerose aziende tipiche del tessuto economico-imprenditoriale del Belpaese.

Di conseguenza, riteniamo che Borsa Italiana dovrebbe focalizzarsi sulla specializzazione verso il settore del lusso (dove sono già presenti numerose aziende come Moncler, Brunello Cucinelli, Salvatore Ferragamo, solo per citarne alcuni, e dove dovrebbe aggiungersi anche Prada con una seconda quotazione oltre a quella di Hong Kong). La specializzazione verso questo settore potrebbe aiutare la piazza finanziaria a ritagliarsi un posto come polo di questo tipo di aziende a livello internazionale.

Non ultimo, bisognerebbe semplificare e accorciare i tempi e le procedure necessarie alla quotazione. Infatti, se vi è già in partenza una storica ritrosia al listino, i complicati meccanismi burocratici non fanno altro che accentuare il problema.

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