Stati Uniti in recessione nel 2023? Cosa dicono gli ultimi dati macro
Nel primo pomeriggio sono usciti altri dati sul mondo del lavoro con le richieste di sussidi iniziali e continuativi di disoccupazione. Come interpretare i valori e quali sono le prospettive sull’economia a stelle e strisce?
I risultati
Alle 14:30 in Italia (8:30 a New York) sono stati diffusi i numeri sulle richieste (iniziali e continuative) di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti, indicatore macroeconomico molto importante per capire la situazione del mercato del lavoro. Il governo ha recentemente aggiornato i metodi di calcolo per prevenire forti oscillazioni dei risultati.
Le richieste continuative, che indicano chi è attualmente disoccupato e continua a ricevere i sussidi, sono aumentate a 1,823 milioni contro attese ferme a 1,699 milioni. Il dato precedente è stato rivisto a 1,817 milioni.
Anche per quanto riguarda le domande iniziali di sussidi di disoccupazione i valori, con riferimento alla settimana del 1° aprile, sono in rialzo a 228mila contro previsioni di 200mila. La media mobile a 4-settimane delle richieste iniziali, che compensa la volatilità del dato, è stata di 237.750 unità.
Questi dati sono quindi un ulteriore conferma, dopo i precedenti valori del JOLTS e del report ADP, che il mercato del lavoro americano si sta “ammorbidendo” sotto gli effetti della politica monetaria restrittiva della Federal Reserve.
A questo punto gli operatori troveranno una comprova soprattutto dal dato di domani sui Non-Farm Payrolls che indicheranno la variazione nell’occupazione non-agricola nel mese di marzo. Un valore sotto le attese di 239mila occupati sarebbe un altro importante segnale che le condizioni del mercato del lavoro statunitense stanno decisamente cambiando.
Tuttavia, bisogna notare che questo tipo di dati macroeconomici sono molto volatili di mese in mese fattore che rende difficile dare un interpretazione univoca e precisa.
Mercati: Wall Street apre in rosso, EUR/USD volatile
Le Borse europee amplificano i guadagni della seduta alla luce dei dati sul lavoro americani mentre i futures a Wall Street sono in rosso con previsioni per un’apertura in ribasso.
Il cambio EUR/USD mostra un’improvvisa flessione al momento del dato (10 pips) fino al minimo di 1,0898 per poi amplificare il calo fino a 1,0885. Successivamente le quotazioni rimbalzano fino a quota 1,0920.
Sul mercato obbligazionario Usa i rendimenti dei titoli a due anni sono scesi per il quinto giorno consecutivo da luglio 2022 (sono quindi saliti i loro prezzi).
Cosa aspettarsi?
I dati di oggi troveranno una riprova (o una smentita) dai Non-Farm Payrolls di domani anche se ormai la maggior parte degli operatori si attende un deciso rallentamento economico che indurrà la Fed a mantenere i tassi stabili al 4,75%-5% nella prossima riunione (3 maggio). Alcuni pensano addirittura che la banca centrale americana si vedrà costretta a tagliare i tassi già a luglio.
La maggior parte degli economisti secondo un sondaggio di Bloomberg si aspetta una recessione al 65% mentre i mercati si attendono solo un 36,5% di probabilità di un rialzo da 25 punti base da parte della Fed nella prossima riunione di maggio (contro il 70% di inizio settimana).
Ciò che è probabile è che se le aspettative del mercato venissero confermate, le Borse potrebbero innescare una pronta risalita data dallo stop (e dal taglio dei tassi di interesse) mentre le prospettive sugli utili tornerebbero a scendere.
Dal nostro punto di vista, la reazione dei mercati pare esagerata. Certo ci sono alcuni segnali che portano a credere che la “rigidezza” del mercato del lavoro Usa venga meno ma ciò non necessariamente implica che ci sarà una recessione.
I fondamentali macroeconomici restano ancora molto solidi con una disoccupazione al 3,6% a febbraio (era al 3,4% a gennaio minimo da 50 anni) dato che rimane molto basso. D’altra parte, questi sono i primi vagiti di sofferenza dati dall’economia americana che ha incassato la politica monetaria restrittiva più aggressiva dagli anni ’80. Il Governatore Powell ha più volte ribadito nelle sue conferenze che la Fed avrebbe fatto di tutto per riportare l’inflazione all’obiettivo di medio termine del 2% anche a costo di “sacrifici” sul mercato del lavoro.
A questo punto gli operatori sembra che abbiano fatto “orecchie da mercante” durante le precedenti avvisaglie di Powell - focalizzandosi solo sull’inflazione - cosa che ora li lascia del tutto spiazzati anche se erano già stati avvertiti.
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