Oro: quanto può arrivare a valere il bene rifugio?
Certificato Turbo24 di IG con ISIN DE000A23PU67 propone un livello di KO a 1.673,88 dollari e leva 8.
L’oro è salito del 5% circa nelle ultime sette sedute, quelle segnate dalle crisi bancarie di Silicon Valley Bank (SVB), Signature e First Republic prima e del Credit Suisse in rapida successione. Un rally che ha portato il metallo prezioso a poca distanza dai massimi in area 1.960 dollari toccati lo scorso 2 febbraio. Una quota importante in quanto rappresenta il livello più elevato raggiunto dall’oro dall’aprile scorso. Quali sono i fattori che stanno spingendo la corsa all’oro? E potrebbero spingerla fino a quota 2.000 dollari?
Crisi bancaria arginata? Fidarsi e bene ma…
Di sicuro non sono stati commessi gli stessi errori del 2008, che in parte ancora si pagano oggi. Nessuna delle banche interessate è stata abbandonata al suo destino come successe con Lehman Brothers. Anche nel caso di SVB, la prima a entrare in crisi, la chiusura è arrivata insieme con la salvaguardia del denaro di tutti i suoi correntisti.
Le authority, insomma, hanno fatto di tutto per evitare una corsa agli sportelli e finora ci sono riuscite. Anche nel caso del Credit Suisse, giudicata da molti analisti “too big to fail” ma anche “too big to be saved” l’intervento rapido della SNB ha evitato complicazioni. La Banca nazionale svizzera ha messo a disposizione una linea di liquidità da 50 miliardi di franchi, il cui accesso è possibile solo per le banche che rispettino determinati requisiti patrimoniali. Una sottolineatura che il Credit Suisse è abbastanza solido, come già reclamato dal suo amministratore delegato Ulrich Koerner.
Quanto messo in campo dalle authority di USA e Svizzera tuttavia non basta a rassicurare completamente gli investitori. Il problema delle svalutazioni nel valore dei portafogli obbligazionari delle banche esiste e la conferma di un atteggiamento restrittivo delle Banche centrali non farà che aggravarlo. Qualche SVB potrebbe ancora saltare fuori e aumentare il flusso di denaro in trasferimento verso l’oro. Nelle ultime tre giornate gli ETF in oro hanno registrato acquisti per 277 once, nonostante il bilancio da inizio anno si mantenga ancora negativo, in particolare a causa di un mese di febbraio debole.
Banche centrali meno rigide
La crisi che ha travolto SVB e Signature e le difficoltà del Credit Suisse hanno avuto l’effetto di scuotere la fiducia nel sistema. La conseguenza è una riduzione della circolazione del credito e un aumento di attenzione e controlli nella concessione di prestiti. In altre parole la crisi bancaria può avere un effetto restrittivo sull’economia.
Inoltre, il rischio di aumentare le difficoltà di altre banche e di favorire lo scoppio di nuove crisi è un fattore che gli istituti centrali potrebbero tenere in considerazione nelle prossime riunioni. La BCE ha deciso di rialzare i tassi di interesse dello 0,5% nella sua riunione di ieri ma ha praticamente cancellato la guidance relativamente alle prossime riunioni. Saranno i dati a guidare le decisioni.
Per quanto riguarda la Federal Reserve, che si riunirà mercoledì prossimo, l’aspettativa è per un rialzo dei tassi dello 0,25% ma ci sono analisti che pensano potrebbe rimanere ferma. Da Nomura addirittura hanno pronosticato una riduzione di 25 punti base.
Banche centrali meno aggressive hanno due effetti sull’oro. In primo luogo riducono i rendimenti delle obbligazioni, e quindi di un concorrente dell’oro. In secondo luogo, e ciò vale in particolare per la Fed, indeboliscono il dollaro e rendono quindi più conveniente l’acquisto del metallo prezioso da parte di investitori, imprese e retail provenienti da altre aree valutarie.
I forzieri carici di oro delle Banche centrali
Lo scenario già complicato del 2023, con una guerra in corso ormai da oltre un anno ai confini dell’Europa, e ora la crisi bancaria, hanno spinto le Banche centrali a incrementare le loro disponibilità in oro. Secondo il World Gold Council, nella parte iniziale dell’anno sono cresciute di 77 tonnellate le scorte di oro nei forzieri degli Istituti centrali. Gli acquisti sono cresciuti del 192% rispetto a quelli dell’ultimo mese del 2022. Turchia e Cina, secondo le rilevazioni del WGC, sono le nazioni che più si sono mosse sul mercato del bene rifugio, acquistando a gennaio rispettivamente 23 e 14,9 tonnellate di oro. La previsione per l’intero anno, tuttavia, è inferiore rispetto a al 2022 ma il sopraggiungere della crisi delle banche statunitensi e del Credit Suisse potrebbe aver cambiato lo scenario.
L’analisi tecnica e le strategie operative sull’oro
Il rally messo a segno dall’oro a partire dal 9 marzo ha riportato il metallo giallo verso i 1.959,80 dollari, dove si trovano i massimi segnati lo scorso 2 febbraio. Dai livelli attuali è probabile che il metallo prezioso proverà a testare la soglia, magari con l’aiuto di una Federal Reserve più prudente nel corso della riunione di settimana prossima. Discorso più complesso è invece il superamento di area 1.960, il livello oltre il quale verrebbero messi nel mirino i 2.000 dollari. Sul fronte ribassista il supporto da monitorare si trova in area 1.870 dollari, rotto il quale l’oro si riporterebbe sui livelli da cui è partito l’ultimo rally, testando l’importante supporto di area 1.800 dollari.
Oro: le strategie operative con i Certificati Turbo24 di IG
Per quanto riguarda l’operatività, si potrebbero valutare strategie long su violazione al rialzo e pull-back della linea di tendenza discendente dai massimi del 7 marzo 2022 e del 2 febbraio 2023. L’ingresso potrebbe avvenire a 1.953 dollari. Il target potrebbe essere posizionato a 1.997 dollaro e lo stop loss a 1.935 dollari.
Nel dettaglio, il Certificato Turbo24 di IG con ISIN DE000A23PU67 propone un livello di KO a 1.673,88 dollari e leva 8. Per trovare la corretta size di ingresso a mercato, ricordiamo di controllare il moltiplicatore, sotto la voce info. L’ammontare massimo che si potrà perdere non supererà in ogni caso l’investimento iniziale: perché ciò accada le quotazioni dell’oro dovranno raggiungere il livello di KO del Certificato.
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