“La guerra commerciale non è ancora finita”: Cina e Usa a poche ore dalla firma dell’accordo
Mentre Pechino si appresta a firmare timorosa l’accordo sulla Fase 1, Trump attende con ansia la chiusura di un ciclo, in attesa di poter rimandare un’eventuale “Fase 2” a dopo le elezioni di novembre
Il gran giorno sembra essere arrivato: Liu He, vice premier cinese, è tuttora in viaggio verso Washington insieme a una delegazione di funzionari. Ad aspettarlo c’è il presidente Usa Donald Trump, in attesa di firmare l’accordo sulla “Fase 1” delle trattative commerciali tra i due paesi: la cerimonia ufficiale è prevista per mercoledì.
Non entreranno in vigore dunque ulteriori dazi (previsti a partire dal 15 dicembre, poi rimandati) del 25% su beni per 250 miliardi di dollari, mentre verranno dimezzate (al 7,5%) le tariffe su beni per 120 miliardi di dollari.
Sarà la fine della guerra commerciale? Non necessariamente. Anzitutto, la fatto che i due leader siano arrivati a un compromesso su una “Fase 1” non indica infatti né quante altre “fasi” saranno necessarie, né quanto tempo sarà necessario per accordarsi su tutte, prima della fine ufficiale della guerra. Gao Feng, portavoce del vice premier, ha fatto sapere di non avere informazioni riguardo eventuali passi successivi alla “Fase 1”.
Quali settori verranno trattati?
Non è ancora chiaro cosa rientrerà esattamente nell’accordo e cosa, invece, verrà rimandato alle suddette (e ipotetiche) fasi successive. Si sa per il momento che i settori su cui si dovrebbe concentrare sono agricoltura e tecnologia. Una versione ufficiale verrà resa disponibile al pubblico successivamente alla firma.
Per quanto riguarda i prodotti tecnologici, il pomo della discordia si concentrava soprattutto sulle rimostranze di Washington davanti all’obbligo di cessione della proprietà intellettuale delle aziende tech intenzionate ad aprire stabilimenti di produzione in Cina.
Del tutto diversa invece la questione relativa agli acquisti di beni agricoli. Secondo quanto trapelato finora, Pechino si sarebbe impegnata per l’acquisto di una cifra compresa tra i 40 e i 50 miliardi di dollari in prodotti agricoli, soprattutto soia. In cambio, gli Usa si sono impegnati a rimuovere i dazi attualmente imposti su alcuni prodotti cinesi.
D’altra parte, Pechino non ha rilasciato nessuna dichiarazione formale sulla quantità di prodotti da acquistare. Non solo: allo stesso tempo, sembra anche che la Cina non sia intenzionata a modificare le quote prestabilite circa l’importazione di grano, come ha riferito all’agenzia stampa cinese Caixin Han Jun, membro del team di negoziatori di Liu e vice ministro dell’Agricoltura. Secondo quanto auspicato dagli Usa, invece, la Cina dovrebbe comprare circa 80 miliardi di beni agricoli nei prossimi due anni.
La Cina riuscirà a mantener il suo impegno economico?
80 miliardi di dollari in prodotti agricoli in due anni, dunque, che all’anno diventano 40-50. Inoltre, con la fase successiva dell’accordo ancora in forse (nessuno ha ancora mai parlato di una “Fase 2”), c’è il rischio che Pechino debba pagare ancora per molto dazi che ancora non sono stati discussi nella prima parte degli accordi – e si parla di dazi del 25% su beni equivalenti a circa 370 miliardi di dollari.
Inoltre, negli ultimi mesi la Cina aveva comunque lavorato per coprirsi da un eventuale esito negativo dei negoziati. Per alcuni analisti, la cifra di 50 miliardi di dollari in beni agricoli potrebbe dunque diventare “esorbitante”, considerando anche gli altri accordi commerciali stipulati soprattutto con il Sud America, in alternativa agli Stati Uniti.
Chi ha il coltello dalla parte del manico?
Secondo la stampa cinese, Pechino non sarebbe troppo soddisfatta dell’accordo: per timore di aver stretto promesse troppo grandi, forse; di certo, tra gli effetti si contano sia un rinnovato pessimismo sulla “Fase 2". Al contrario, molto più ottimistica è l’atmosfera a Washington, dove Trump spera in una conclusione che per l’economia statunitense sia vantaggiosa quanto lo è stata la guerra commerciale stessa. Ma dietro tanta fretta potrebbe esserci di più: il 2020 sarà infatti anche l’anno delle elezioni presidenziali negli Usa, e l’esito delle trattative commerciali potrebbe riflettersi in maniera determinante sulla campagna presidenziale di Trump. Il Tycoon corre dunque il rischio di trovarsi sotto scacco proprio da Liu He e dal suo presidente, Xi Xjinping, che potrebbero tirare l’entrata in vigore dell’accordo per le lunghe e, così, negoziare termini (soprattutto riguardo le quote) più favorevoli. Trump ha già cercato di pararsi la caduta, annunciando che la Cina andrà incontro a nuove sanzioni, qualora non dovesse rispettare i termini dell’accordo.
Quali sono le conseguenze sui mercati?
I mercati reagiscono con ottimismo alla possibile conclusione di un primo accordo. Le valute asiatiche potrebbero infatti tornare ad apprezzarsi, rimettendo in modo tra gli altri anche il mercato immobiliare, considerato finora troppo rischioso (nell’eventualità di un ulteriore deprezzamento).
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