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Brexit: tre voti in tre giorni e tre no. Bocciati accordo May, no-deal e referendum bis. Cosa succede ora?

Camera dei Comuni vota l'estensione dei termini oltre il 29 marzo. Ipotesi di rinvio: 3 mesi. Nuovo voto all'accordo May: 20 marzo; 21-22 marzo il vertice del Consiglio europeo: serve unanimità. Sterlina in fase di assestamento.

Fonte: Bloomberg

Tre voti in tre giorni. Tre no consecutivi, ognuno coi suoi effetti.

Brexit, no all’accordo May

No all’accordo Theresa May. La Camera dei Comuni ha bocciato per la seconda volta la proposta della premier inglese, rivista assieme a Jean Claude Juncker e, con lui, all’intera Unione. Bruxelles è stata chiara: nessun’altra modifica o aggiunta sarà concessa a tale accordo che, nella sua versione aggiornata, ha fatto un passo in più nell’offrire maggiori garanzie circa il più combattuto punto dell’accordo: la clausola di backstop, che impedirà la chiusura dei confini irlandesi e, dunque, la divisione del paese tra Repubblica d’Irlanda ed Irlanda del nord, regione del Regno Unito. La questione, al momento, resta irrisolta.

Brexit, no all’opzione no-deal

No all’eventualità di una Brexit senza accordo. La Camera dei Comuni ha votato a favore non solo della mozioni che interrogava i deputati circa la possibilità di eliminare dal tavolo l’opzione di un no-deal, ma ha anche approvato un emendamento che precisa che l’esclusione dell’opzione no-deal dev’esser garantita “in ogni circostanza”. Sebbene sia impossibile da escludere del tutto, la notizia ha in parte ridato fiducia ai mercati, preoccupati dal fatto che la peggiore delle situazioni possibili per tutte le parti avesse luogo. Il no-deal porterebbe il Regno Unito ad esser escluso completamente dalla zona doganale dell'Unione, ricadendo dunque sotto le regole del WTO, l'organizzazione mondiale del commercio, a condizioni svantaggiose.

Brexit, no ad un referendum bis

No ad un nuovo referendum, e in maniera abbastanza convinta. La Camera dei Comuni ha votato ieri sera a favore di uno spostamento in là del termine della Brexit, esprimendo invece parere ampiamente contrario sull’emendamento che proponeva la chiamata inglese ad un secondo referendum sulla Brexit. Con 334 voti contrari e 85 a favore, la corona ha mostrato ancora una volta di voler tener fede, nel bene e nel male, alla volontà espressa dal popolo nel giugno 2016.

Brexit, verso la proroga dell’Articolo 50

Brexit oltre il 29 marzo, dunque, ammesso che tutto vada liscio. L’Articolo 50 prevede un periodo di due anni prima che uno Stato esca dal blocco dei Paesi membri, così da avere il tempo necessario per sottoscrivere nuovi accordi che permettano all’uscente di non restare isolato da tutto. Col via libera alla mozione di ieri, gli inglesi chiedono ora all’Europa che venga data loro una proroga breve (3 mesi) che permetta di venire a capo su alcune questioni chiave. L’Ue aveva già fatto passi nella direzione del Regno Unito, garantendo un ulteriore periodo transitorio successivo alla data del 29 marzo, della durata di ventuno mesi, fino a fine dicembre 2020.

Brexit, verso il voto: due eventi in calendario

Incassata l'ennesima sconfitta, Theresa May ha deciso di tentare il tutto per tutto, presentando una nuova mozione che rimettere in votazione l’accordo raggiunto con Bruxelles sull’uscita del Regno Unito dall’Ue (già due volte bocciato), aprendo alla possibilità di una richiesta per un rinvio “breve” della Brexit al 30 giugno. Data del voto, mercoledì 20 marzo.

Prima del Consiglio europeo del prossimo 21 e 22 marzo, quando i 27 Stati membri saranno chiamati a votare all’unanimità a favore della dilazione, si interpone quindi un ulteriore step. A smuovere gli animi delle cariche europee potrebbe essere la richiesta inglese di un più lungo periodo ti tempo (tra i 12 e i 21 mesi), la cui eventuale approvazione potrebbe arrivare solo qualora il Regno Unito riuscisse a stilare una chiara lista degli obiettivi in agenda da perseguire e delle tempistiche per conseguirli.

Brexit, una certezza: la volatilità sulla sterlina GBP

Di certo, il voto del prossimo mercoledì fungerà da chiave di lettura per i mercati: la vittoria del no alla mozione potrebbe infatti facilitare la ricerca di “maggioranze alternative” in Parlamento che possano lavorare ad un accordo alternativo a quello a firma May.

Tra le poche certezze ad ora sul mercato, la volatilità della sterlina è la sola comprovata. Il pound inglese ha subito pesanti variazioni nel corso delle ultime quattro sedute. Contro dollaro, il cambio GBP/USD ha registrato due importanti rialzi, che l’hanno portato mercoledì, dopo il no-deal vote, a toccare un massimo da giugno 2018 poco al di sotto dell’area a 1,34. Analogamente, la coppia EUR/GBP ha risentito di un netto calo nel medesimo giorno, portandosi sui minimi da maggio 2017, in area 0,8470. In vista dei voti di settimana prossima, i volumi sulla sterlina potrebbero ora in parte riassorbirsi, rimandendo però in allerta di fronte a possibili nuovi annunci.

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