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Operatori apprezzano l'approccio risolutivo, anche se le modalità lasciano molti dubbi.
I mercati approvano l'operazione messa in pieda dal governo e Intesa SanPaolo per l'acquisizione delle due banche venete in dissesto. Rimangono ancora dubbi sulle modalità con cui si è arrivata a una simile decisione. Dalla decisione della Bce di declassare le due banche a "on liquidation" da "on going concern" in breve tempo, a quella del governo di farsi carico di tutti i costi dell'operazione (fino a 17 miliardi di euro), molte cose non quadrano.
Le perdite saranno assorbite da obbligazionisti subordinati istituzionali (non retail) e azionisti (su tutti Atlante). Nessun impatto sul retail ad ogni livello e grado (obbligazionisti senior, obbligazionisti subordinati e depositanti). Il resto sarà a carico dei contribuenti. Ad Intesa SanPaolo verranno trasferiti gli attivi e la parte ancora in bonis del passivo.
L'impalcatura è molto simile a quella utilizzata per Banco Popular, con la differenza che Santander ha messo in piedi un aumento di capitale da 7 miliardi per procedere con l'acquisizione.
L'unica nota positiva è che per una volta non abbiamo rimandato il problema, ma c'è stato un approccio di tipo risolutivo. Intesa, dal canto suo, aveva già perso qualcosa come 1,5 miliardi attraverso Atlante per le operazioni di salvataggio degli ultimi due anni, così come altre banche (Unicredit).
L'operazione crea dei precedenti preoccupanti e sottolinea come il bail in di fatto viene sempre evitato a favore del burden sharing. Il problema grosso rimane quello dei depositanti che non possono essere penalizzati (quelli oltre i 100 mila euro di risparmi) senza essere remunerati per questo rischio (come azionisti e obbligazionisti di vario genere).
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