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Si scalda la corsa alla presidenza della Banca centrale Usa quando mancano pochi mesi al termine del mandato della Yellen.
Mancano pochi mesi al termine del mandato di Janet Yellen (3 febbraio 2018) e gli operatori già si interrogano su chi sarà il suo successore alla guida della Banca centrale statunitense. Nonostante negli ultimi mesi le possibilità di un suo secondo mandato siano cresciute, la questione rimane ancora aperta, soprattutto dopo Jackson Hole. In quell’occasione, infatti, la numero uno della Fed ha elogiato l’attuale impianto regolamentare del sistema finanziario statunitense, suscitando il malessere di Trump e tra le fila dei repubblicani, da sempre contrari alla Dodd-Frank introdotto nel 2010.
Dato che la sua riconferma dovrebbe passare lo scoglio del Senato a maggioranza repubblicana, le probabilità di una sua riconferma a nostro avviso rimangono contenute intorno al 30%. Non è detto poi che la Yellen stessa accetti un secondo mandato, visti i punti di disaccordo con l'amministrazione Trump.
Oltre alla Yellen, il nome più gettonato rimane Gary Cohn, capo consigliere economico di Trump, con il quale di recente ci sono stati dei dissidi dopo i fatti di Charlottesville. Per ora la questione rimane in sospeso. Probabilmente solo una sua vittoria in tema di riforma fiscale, attesa per la fine dell'anno, potrebbe permettergli di guadagnarsi nuovamente i consensi del presidente per una sua candidatura a capo della Federal Reserve. Nonostante la figura di Gary Cohn abbia una forte impronta politica, rimane molto vicino alle idee della Yellen, sostenendo una politica monetaria di normalizzazione dei tassi. Al momento, però, non sembra avere più chance della Yellen di sedere alla poltrona della presidenza della Fed.
Il restante 40% viene ripartito tra Kevin Warsh, John Taylor e Glenn Hubbard, con una lieve prevalenza per il primo. Tutte e tre le figure sono più inclini a un atteggiamento da falco rispetto alla Yellen.
Il nodo Fed presenta aspetti più complessi. Non è solo la presidenza ad essere vacante. Con le recenti dimissioni del vice presidente del Consiglio direttivo della Fed (Board of Governors), Stanley Fischer, sono quattro le posizioni vacanti all’interno del Board. Trump ha così l'opportunità di costruire un consiglio direttivo della Fed a forte tendenza politica.
Non bisogna dimenticare, poi, che da febbraio ci sarà la consueta rotazione tra i governatori dei 12 distretti della Federal Reserve. Nel dettaglio, fermo restando la presenza di Dudley (Fed di New York), ci saranno Evans (Fed di Chicago), Kashkari (Fed di Minneapolis), Kaplan (Fed di Dallas) e Harker (Fed di Philadephia) che lasceranno il posto a Bostic (Fed di Atlanta), Williams (Fed di San Francisco), Mester (Fed di Cleveland) e al sostituto della Fed di Richmond, dopo le dimissioni di Lacker dell’aprile scorso.
L'ago della bilancia del FOMC subirà quindi un leggero spostamento verso un atteggiamento più hawkish rispetto a quello corrente. Se aggiungiamo delle nomine del Board of Governors, compresa quella del presidente, più inclini a un atteggiamento aggressivo, si comprende come la politica monetaria possa subire una "scossa" il prossimo anno.
I mercati per ora non sembrano essere troppo turbati e sperano ancora nella possibilità di una conferma della Yellen, elemento questo che servirebbe a moderare le spinte dei falchi che si apprestano a volare sulla Federal Reserve.
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