Queste informazioni sono state preparate da IG Markets Limited e IG Europe GmbH (di seguito "IG"). Oltre alla liberatoria riportata di seguito, il materiale presente in questa pagina non contiene uno storico dei nostri prezzi di trading, né alcuna offerta o incentivo a operare nell’ambito di qualsiasi strumento finanziario. IG declina ogni responsabilità per l’uso che potrà essere fatto di tali commenti e per le conseguenze che ne potrebbero derivare. Non forniamo nessuna dichiarazione o garanzia in merito all’accuratezza o la completezza delle presenti informazioni, di conseguenza, chiunque agisca in base ad esse, lo fa interamente a proprio rischio e pericolo. Eventuali ricerche fornite non intendono rispondere alle esigenze o agli obiettivi di investimento di un soggetto in particolare e non sono state condotte in base ai requisiti legali previsti per una ricerca finanziaria indipendente e, pertanto, devono essere considerate come una comunicazione di ambito marketing. Anche se non siamo sottoposti ad alcuna limitazione specifica rispetto alla negoziazione sulla base delle nostre stesse raccomandazioni, non cerchiamo di trarne vantaggio prima che queste vengano fornite ai nostri clienti. Vi invitiamo a prendere visione della liberatoria completa sulle nostre ricerche non indipendenti e del riassunto trimestrale.
.Nelle ultime ore abbiamo ricevuto notizia di due nuovi scontri in Siria. Nel primo le armate governative di Bashar Assad hanno bombardato i dintorni di Hajar Al Aswad a sud di Damasco una delle ultime roccaforti dei ribelli jihadisti, nel secondo sono stati attaccati i depositi di armi dell’esercito governativo ad Aleppo e ad Hama, raid eseguito probabilmente da Israele (secondo fonti filo-Assad).
La situazione in Siria continua a essere molto complessa. Non tanto per la guerra civile ormai vinta da Bashar Assad ma per i tesi rapporti tra Israele e Iran e tra Occidente e Russia. Senza dimenticare la questione curda.
Il leader alawita Bashar Assad, dopo essere quasi caduto nel 2012/2013 quando il Free Syrian Army spinto dalle primavere arabe aveva conquistato gran parte del territorio siriano, è riuscito nell’impresa di annientare i ribelli con una strategia devastante in primis assassinare i leader moderati della rivoluzione siriana e poi criminalizzare i nuovi capi islamici dell’opposizione senza scordare l’asso nella manica degli aiuti esterni da parte di Iran e Russia.
Assad è, quindi, a pochi passi da chiudere la guerra civile in Siria ma difficilmente la sconfitta dei ribelli siriani porterà la quiete in Medio Oriente.
I rapporti tra Israele e Iran sono arrivati ad essere ai minimi storici. Il premier Benjamin Netanyahu, che ha incontrato ieri il nuovo Segretario di Stato americano Mike Pompeo, ha ribadito i timori sull’espansione dell’Iran. Per Israele l’obiettivo principale in Siria è quello di non permettere a Teheran di costruire delle basi militari al confine. Israele sta continuando a fare pressioni sugli Stati Uniti per annullare o cambiare l’accordo sul nucleare con l’Iran siglato da John Kerry, Segretario di Stato dell’amministrazione Obama nel 2015 (il cosiddetto Joint Comprehensive Plan of Action firmato oltre che da Iran e Stati Uniti anche da Francia, Regno Unito, Germania, Russia, Cina e Unione Europea). Il 12 maggio Donald Trump dovrà decidere cosa fare a riguardo. Da Teheran il presidente iraniano Hassan Rouhani ha già dichiarato che l’accordo è definitivo e sarà impossibile sedersi attorno a un tavolo delle trattative per rinegoziarlo. Probabilmente convinto anche dal presidente francese Macron, Trump potrebbe alleggerire i toni e cercare una rinegoziazione del piano minacciando nuove sanzioni economiche a Teheran. Ecco perché il 12 maggio potrebbe essere una data molto importante per il Medio Oriente. In caso di un Trump molto aggressivo e poco conciliante con l’Iran potremmo assistere a un ulteriore deterioramento delle relazioni tra i paesi.
In merito alla Siria, l’Occidente se ne è un po’ lavato le mani. Nonostante l’importanza strategica del paese (soprattutto per il passaggio di oleodotti e gasdotti) i paesi occidentali hanno scelto di intervenire solamente in caso di uso di armi non convenzionali. Proprio il “presunto” recente attacco chimico di Bashar a Douma nel Ghouta Orientale ha spinto i raid aerei di Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Non sembra contare l’enorme differenza di vittime tra armi chimiche (un centinaio di persone) e le armi “convenzionali” dei barili-bomba che hanno causato decine di migliaia di morti. La presenza militare degli “occidentali” nell’area è comunque molto risicata. Gli americani sono concentrati a mantenere le proprie forze militari nel Golfo (basi militari in Kuwait, Bahrein, Qatar) e ancora in Iraq.
I paesi occidentali sembrano anche evitare la questione curda, altro elemento che potrebbe ritornare sotto ai riflettori della comunità internazionale.
I curdi sembrano aver abbandonato l’utopico progetto di avere un kurdistan libero e al momento si dividono in varie fazioni. I curdi iracheni controllano la parte a nord-est dell’Iraq conquistata agli estremisti dello stato islamico e nonostante le perdite delle città di Mosul e Kirkuk recuperate dalle truppe governative di Baghdad continuano a mantenersi forte attorno alla “capitale” Erbil. I curdi turchi sono nella posizione peggiore sotto assedio da lunghissimo tempo dalle truppe turche di Erdogan. I curdi siriani nel Rojava hanno fatto una temporanea alleanza con il governo di Bashar Assad in cambio dell’autonomia.
Crediamo, tuttavia, che a conclusione della guerra civile in Siria saranno proprio i curdi a essere presi di mira. La Turchia farà forti pressioni per impedire al popolo curdo di avere un territorio autonomo vicino ai propri confini.
La crisi in Medio Oriente è ben lontana dall'essere risolta.