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Elezioni: quali riforme dopo il weekend elettorale?

La comunità internazionale crede che il pericolo più grande sia il blocco delle riforme

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Fonte: Bloomberg

Osservando i sondaggi le probabilità di avere una coalizione/partito con una chiara maggioranza in Parlamento sono veramente molto basse. Seconde le case di ricerca per avere una maggioranza in entrambe le Camere una coalizione/partito dovrebbe almeno raggiungere il 40% dei consensi con un vantaggio di almeno 12 punti percentuali sul secondo.

Gli scenari che sembrano al momento più probabili sono un governo di larghe intese guidato da un politico o un governo tecnico sostenuto da tanti partiti.

Da un punto di vista delle riforme la seconda soluzione è quella preferita. Crediamo infatti che in caso di governo tecnico sia più facile portare avanti le riforme già introdotte nelle precedenti legislazioni. Difficilmente tale governo potrà promuovere nuove riforme strutturali come: la necessaria riforma della giustizia civile, una profonda riforma fiscale.

Un governo di larghe intese con a capo un politico potrebbe scendere a compromessi e non escludiamo anche una possibile revisione delle riforme precedenti. Probabile quindi delle modifiche sia della riforma Fornero del 2011 sul sistema pensionistico sia delle riforme sul mondo del lavoro legate al Jobs Act introdotte dall’ex premier Renzi tra il 2014 e il 2015.

Difficilmente crediamo che un governo di larga maggioranza possa decidere di riscrivere la legge elettorale.

Discorso, invece, ben diverso in caso di forte vittoria da parte di uno dei tre schieramenti che riesce ad ottenere la maggioranza in Parlamento. In caso di vittoria del centro-destra si porteranno avanti con determinazione la riforma del sistema fiscale (introduzione della flat tax sul reddito, 23% secondo Forza Italia), una profonda revisione della riforma Fornero (diminuendo l’età pensionabile e alzando a mille euro la pensione minima), l’inserimento del reddito di dignità (un reddito di mille euro al mese per le famiglie in condizioni di povertà), una revisione del Jobs Act promuovendo incentivi alle imprese per assumere a tempo indeterminato.

Anche nel difficile caso di vittoria del M5S le riforme “potrebbero” essere abbondanti. Dall’introduzione del reddito di cittadinanza (780 euro al mese) alla revisione del sistema Fornero (maggiore flessibilità pensionistica), dalla riduzione dell’orario di lavoro (al di sotto delle 40 ore settimanali) a maggiori investimenti per la creazione di posti di lavoro, dalla riduzione delle aliquote IRPEF alla lotta alla corruzione e all’evasione.

Nel remoto caso, secondo gli ultimi sondaggi, di vittoria delle forze di sinistra assisteremo a una prosecuzione del processo di riforme portate avanti dal duo Renzi/Gentiloni. In campagna elettorale il Partito Democratico ha insistito sulla necessità di sostenere le famiglie (aumento del salario minimo e maggior supporto per le famiglie con bambini), di conferma l’impegno per una Europa più unità ed efficiente, di ridurre le tasse soprattutto ai nuclei familiari (prevista anche una diminuzione delle tasse alle imprese), di monitorare attentamente i rapporti deficit/PIL e debito/PIL.

Riteniamo che le riforme della campagna elettorale da tutte le parti siano da considerare più promesse per attirare voti che di immediata applicabilità. Il rischio principale è che tali riforme possano portare a buchi di bilancio notevoli senza l’adeguata copertura.

Per i mercati la soluzione che potrebbe essere considerata quella migliore è quella di un governo tecnico che possa portare avanti l‘ordinaria amministrazione, facendo delle piccole revisioni alle riforme precedenti. 

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