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Mancano poco più di due settimane alla riunione della Federal Reserve: nell’ultimo meeting 2018 di dicembre la banca centrale americana dovrebbe deliberare il quarto rialzo dei tassi d’interesse a stelle e strisce, verso la forchetta 2,25-2,50%. Qualcosa inizia però a preoccupare i mercati.
Secondo l’opinione dei principali funzionari della Federal Reserve, il prosieguo di un rafforzamento economico tenderà a mantenere intatti il piano di aumento dei tassi americani. Tuttavia, l’attenzione degli operatori si è concentrata nelle ultime ore su un altro dato.
Si cominci osservando il livello dei rendimenti dei titoli di Stato a stelle e strisce. Dalla lettura degli yield corrisposti dai Treasury americani su scadenze da uno a trent'anni, i rispettivi rendimenti risultano pari a:
US 1Y: 2,706
US 2Y: 2,817
US 3Y: 2,819
US 5Y: 2,811
US 7Y: 2,875
US 10Y: 2,957
US 30Y: 3,224
Tassi USA: focus sulla curva dei rendimenti
Il divario dei tassi di interesse tra i titoli a 2 e a 10 anni si è ridotto ai minimi da più di un decennio luglio 2007), scendendo al di sotto di 0,14 punti. Non solo: il rendimento dei titoli a 5 anni è sceso al di sotto di quanto corrisposto dagli strumenti a 3 anni, un divario considerato preoccupante dai mercati in quanto possibile anticipatore di un periodo di recessione.
Gli investitori tendono infatti a richiedere yield più elevati al crescere del tempo in cui decidono di impiegare le proprie risorse: quando i rendimenti a breve termine si muovono su livelli superiori rispetto a quelli con scadenze più lunghe, ciò può generare dubbi sugli equilibri di medio periodo, poiché rende meno promettenti le prospettive future, paventando l’idea di una contrazione dell'economia.
Da attese, nel prossimo meeting del 18-19 dicembre, la Fed procederà alzando il costo del denaro di 0,25 punti percentuali e portando avanti il piano di normalizzazione (e di neutralità dei tassi) voluto dal governatore Jerome Powell, più volte contestato dal presidente Donald Trump. Se l'attuale situazione sulla curva dei rendimenti persistesse, tuttavia, l'istituto centrale americano potrebbe rivalutare le proprie mosse future.