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Dopo soli 4 anni gli Usa tornano a chiudere gli uffici pubblici per il mancato accordo sull'innalzamento del tetto del debito.
Siamo al terzo giorno di shutdown (chiusura degli uffici) delle amministrazioni federali statunitensi, dopo il fallito voto di venerdì notte al Senato sull’innalzamento del debito (debt ceiling). I numeri ristretti dei repubblicani non hanno permesso il superamento della norma e questo pomeriggio (ore 18 in Italia) si terrà una nuova votazione, il cui esito appare ancora molto incerto. I democratici chiedono all’amministrazione Trump di fare un passo indietro sul tema dell’immigrazione, dopo le misure approvate nel suo primo anno di mandato, in cambio di un voto favorevole sull’innalzamento temporaneo del tetto del debito di qualche settimana (fino all’8 febbraio).
Il debito made in USA a settembre scorso ha varcato per la prima volta nella storia la soglia dei 20.000 miliardi di dollari e un voto favorevole oggi riaprirebbe i colloqui per innalzare tale soglia in modo da evitare una chiusura prolungata degli uffici federali. Occorre ricordare che l’ultimo shutdown c’è stato ad ottobre 2013 (4 negli ultimi 25 anni!) e durò 16 giorni, senza comportare un grosso impatto sull’attività economica.
L'ipotesi di un innalzamento del tetto del debito è altamente probabile nelle prossime settimane, anche se Trump dovrà concedere qualcosa ai democratici. Negli ultimi 10 anni il tetto del debito è stato innalzato ben 10 volte negli ultimi 10 anni (4 volte solo tra il 2008 e il 2009).
E se i mercati sembrano snobbare gli effetti dello shutdown, la stessa cosa non possono dire i turisti, che durante il week end hanno visto i tornelli della Statua della Libertà chiusi, così come molti accessi ai parchi nazionali.
Fin quando durerà la compiacenza dei mercati?
Per ora l’impatto sull’azionario sembra essere piuttosto limitato. Gli investitori rimangono concentrati sulle trimestrali e sui massicci buyback in vista del rimpatrio dei fondi detenuti all'estero da molte grandi corporate statunitensi. Decisamente più sensibile alle notizie arrivate nel week end è stato il debito governativo, il cui rendimento sul decennale è salito al 2,67%, livello massimo da 3 anni e mezzo, salvo poi ritracciare. Proprio i rendimenti saranno osservati dagli operatori. Se il tasso decennale dovesse spingersi al ridosso del 3%, potrebbe rendere decisamente alto il costo opportunità di tenere equity da parte degli investitori, dando seguito a una corposa rotazione di portafoglio.
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