Queste informazioni sono state preparate da IG Markets Limited e IG Europe GmbH (di seguito "IG"). Oltre alla liberatoria riportata di seguito, il materiale presente in questa pagina non contiene uno storico dei nostri prezzi di trading, né alcuna offerta o incentivo a operare nell’ambito di qualsiasi strumento finanziario. IG declina ogni responsabilità per l’uso che potrà essere fatto di tali commenti e per le conseguenze che ne potrebbero derivare. Non forniamo nessuna dichiarazione o garanzia in merito all’accuratezza o la completezza delle presenti informazioni, di conseguenza, chiunque agisca in base ad esse, lo fa interamente a proprio rischio e pericolo. Eventuali ricerche fornite non intendono rispondere alle esigenze o agli obiettivi di investimento di un soggetto in particolare e non sono state condotte in base ai requisiti legali previsti per una ricerca finanziaria indipendente e, pertanto, devono essere considerate come una comunicazione di ambito marketing. Anche se non siamo sottoposti ad alcuna limitazione specifica rispetto alla negoziazione sulla base delle nostre stesse raccomandazioni, non cerchiamo di trarne vantaggio prima che queste vengano fornite ai nostri clienti. Vi invitiamo a prendere visione della liberatoria completa sulle nostre ricerche non indipendenti e del riassunto trimestrale.
Dati negativi per il mercato cinese, in un periodo già teso per la tenuta del sistema economico di Pechino.
I timori di una guerra commerciale, e di una contestuale crescita rallentata del Dragone, si sono tradotti oggi in realtà: i dati pubblicati nella primissima mattina hanno mostrato un incremento del Pil annuo del 6,5%, inferiore alle attese del 6,6% e in calo rispetto al 6,7% sul quale il mercato si era appoggiato lo scorso mese.
Male anche le rilevazioni della produzione industriale, scesa nel mese di settembre al 5,8% annuo, contro attese del 6% ed un precedente risultato del 6,1%. Meglio le vendite al dettaglio, stabili al 9,2% su anno, oltre le attese (+9,0).
Pechino torna così a livelli di crescita che non si vedevano dal 2009, quando la grande crisi finanziaria imperversava ancora. A preoccupare ora non è tanto il numero in sé, quanto le motivazione che vi stanno dietro.
Le attese del governo locale per l’anno 2018 prevedono infatti un tasso di crescita economica annua pari al +6,5%, alla luce del cambio di direzione della politica, mirata al rafforzamento dei fondamentali interni e agli stimoli provenienti dalla Cina stessa. L’attuale dato, in calo rispetto alle stime mensili, rispecchia tuttavia l’effetto delle politiche commerciali statunitensi che, intervenendo a mano dura sui traffici internazionali, rischiano ora di generare un arresto della crescita del dragone più brusco del previsto.
A conferma dei timori che di recente hanno spinto a ribasso il settore della tecnologia e del lusso, nei confronti dei quali la Cina è primo player ed acquirente mondiale, l’Ufficio di statistica ha riferito in un comunicato la difficoltà di questa fase, legate ad un ambiente esterno “molto complesso”, che farà “aumentare la pressione al ribasso” dell’economia.
Nel corso delle ultime settimane, il Governo, assieme alla People's Bank of China (intervenuta sul cambio e sul livello delle riserve), ha varato una serie di misure per stimolare il credito bancario e gli investimenti infrastrutturali, comparti in fase di rallentamento a seguito della campagna di riduzione del debito attuata da Xi Jinping.