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L'accordo tra Leonardo e Fincantieri “è legato alla volontà di ottimizzare la presenza sui mercati internazionali" e non è in alcun modo preludio ad una futura unione tra le due società.
Questo in breve il commento di Alessandro Profumo, Ceo di Leonardo, successivo al rilancio della joint venture Orizzonti Sistemi Navali. Favorevole alle sinergie tra i big del settore, Profumo si è però schierato a favore dell'industria italiana e della necessità di preservarne l’appartenenza nazionale.
"Non ci fosse Leonardo, l'alleanza Fincantieri-Naval Group diventerebbe squilibrata e più difficile anche per Fincantieri. Credo che l’accordo tra noi” ha proseguito lo stesso “sia positivo per l'integrazione con i francesi".
Il titolo Leonardo, che ha aperto la giornata con un ribasso superiore all’1%, ha poi in parte recuperato terreno tornando al di sopra del supporto a 9,50 euro per azione. Sul rosso del titolo ha pesato la tragedia di sabato, quando l’elicottero (AW169 prodotto dal gruppo Leonardo) del proprietario del Leicester, Vichai Srivaddhanaprabha, si è schiantato al termine della partita contro il West Ham, assieme ad altre quattro persone.
Profumo: alleanze paritarie creano sinergie. L'italianità resta centrale
Secondo Profumo, in un quadro più ampio, la joint venture tra le due società italiane non è da leggersi come un ostacolo all'alleanza Fincantieri-Naval Group. Al contrario, la partnership "va nella direzione di un dialogo con i francesi".
Il periodo delle alleanze tra colossi delle costruzioni è positivo e in fermento. La scorsa settimana Fincantieri e Naval Group hanno annunciato un accordo per lanciare una joint venture paritaria a livello industriale. Secondo alcuni rumors la nuova alleanza dovrebbe coinvolgere anche Orizzonti Sistemi Navali.
Tra gli azionisti di Naval group spicca il nome di Thales, tra i primi concorrenti di Leonardo in Francia.
Secondo Profumo, anche nell’ambito della Difesa, l'integrazione tra realtà europee è fondamentale “per ottimizzare la spesa di risorse”. E’ tuttavia bene tenere a mente che, se da un lato l’aggregazione porta a progetti potenzialmente più efficienti, dall’altro non bisogna arrivare al punto di “vendere a qualcun altro l'industria italiana".