Trimestrali Usa: Morgan Stanley chiude i conti del settore bancario
Conti Morgan Stanley positivi dopo i numeri di JP Morgan, Wells Fargo, Goldman Sachs, Citi e BofA. Male l'attività di trading, in calo i profitti da investment banking. Cresce l'offerta di consulenza. Eps a $1,39; entrate a $10,29
Morgan Stanley chiude il primo periodo dell’anno con risultati sopra le attese, mettendo il punto ad una prima tranche di trimestrali complessivamente soddisfacenti per le big della finanza Usa. L’istituto americano, quinto nella classifica delle banche più capitalizzate del 2018, nonché seconda tra le investment bank della regione, ha battuto le stime degli analisti, spingendo a rialzo del 3% le azioni nella fase di pre-market a Wall Street, sui massimi da quasi sette mesi.
Trimestrali Morgan Stanley sul filo
Per contrastare l’eccessiva esposizione alla oscillazioni di mercato che hanno affossato i conti del risparmio gestito nel 2018, la società si è impegnata a far crescere la propria attività nell’ambito della formazione per la gestione patrimoniale, al fine di fornire consulenza finanziaria d'elevato standard alla clientela più alta.
Come per il grosso delle big a stelle e strisce, i ricavi da trading nel primo trimestre 2019 sono risultati deboli; i proventi da vendite e negoziazioni di Morgan Stanley sono scesi del 15% a $3,74 miliardi, poco meno rispetto al -17% registrato da JP Morgan. L’attività di trading azionario, da sola, ha perso il 21%.
Trading in calo. Male l'attività Investment banking
Sempre in linea con gli altri dati di settore, Morgan Stanley ha registrato un calo dei ricavi da Investment banking del 24%, penalizzati principalmente dalla contrazione delle offerte pubbliche iniziali e dalle minori commissioni di consulenza. In controtendenza si è mossa invece Goldman Sachs, i cui numeri sono risultati migliori delle attese (1,81 miliardi contro 1,70 attesi), penalizzati però dal calo dell'attività di sottoscrizione (Ipo incluse). GS pagherà ai suoi azionisti un dividendo da 0,85 dollari il prossimo 27 giugno, con stacco il 29 maggio.
A differenza di JPMorgan Chase, Citigroup e Bank of America, Morgan Stanley presenta una ridotta esposizione al credito al consumo e ai prestiti alle piccole imprese, cosa che non le permette di beneficiare di costanti, piccoli, flussi in entrata. Nonostante ciò, i ricavi del gruppo hanno raggiunto 10,29 miliardi di dollari, superiori del 4% alle attese degli analisti.
Negative invece le entrate totali, scese del 7,1% rispetto allo scorso anno ($10,29 miliardi), in parte compensate dal ribasso del 4% delle spese non correlate. Calo delle entrate anche per Citigroup, che per un -2% del fatturato, ha mostrato nel primo trimestre un +2% alla voce dei profitti.
Banche d'affari Usa: panoramica sugli eps
Al netto di tutto, l’utile per azione di Morgan Stanley si è attestato a $1,33, con un margine aggiuntivo di 6 centesimi ($1,39 eps totale) dovuto a fattori "intermittenti" legati alla tassazione. Il dato risulta comunque inferiore al precedente livello di $1,45.
Meglio ha fatto JP Morgan, cavallo di punta della finanza statunitense, che ha concluso il primo trimestre dell’anno con un utile per azione a 2,65 dollari (oltre i 2,35 dollari previsti dagli analisti). In crescita anche l’eps di Wells Fargo, passato da $0,96 dell’anno scorso agli attuali $1,2.
Particolare il caso di Goldman Sachs, il cui un utile per azione a 5,70 dollari è risultato del 15% superiore al consenso, ma inferiore del 21% al periodo precedente. Segno positivo, infine, per Citi, a $1,87 per azione, in crescita rispetto al dato 2018 a $1,68 per azione, grazie al taglio dei costi di finanziamento.
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