Coronavirus, Fmi: ripresa più lenta del previsto, in Italia Pil in calo del 12,8%
Riviste al ribasso le stime sulla crescita economica globale post-covid: serve un’azione congiunta e una rete di sicurezza finanziaria mondiale. Male gli azionari su Wall Street, il Dow Jones perde il 2,5%
Tornano le previsioni del Fondo Monetario Internazionale sull’andamento dell’economia globale e il quadro che ne risulta è ancora peggiore di quello dell’ultimo report: rispetto ad aprile, il Fmi prevede un crollo della crescita globale del 4,9% (tre mesi fa aveva stimato un calo del 3%), mentre anche la ripresa sarà più lenta della lettura di aprile (nel 2021 il Pil rimbalzerà solo del 5,4%; ad aprile si pensava ancora in un recupero del 6,3%).
Tutti effetti del coronavirus?
Il Fondo Monetario Internazionale lascia pensare che si possa tornare a livelli di povertà che non si vedevano dal 1990. L’effetto della pandemia di coronavirus sull’economia globale minaccia infatti di rendere ancora più profonde le differenze sociali, soprattutto per via delle difficoltà cui vanno incontro le famiglie meno abbienti: è per questo che l’Fmi raccomanda profonde riforme strutturali nel sistema sanitario da parte delle nazioni che finora vi hanno destinato meno risorse, con il supporto anche e soprattutto della comunità internazionale – è la direzione in cui muove anche il Recovery Fund di matrice comunitaria, tutt’ora al vaglio dei singoli governi, e del Meccanismo Europeo di Stabilità, che prevede finanziamenti con la condizionalità che vengano usati per migliorare il sistema sanitario.
Non solo: l’Fmi si appella anche a ulteriori azioni di politica monetaria in supporto di imprese e famiglie nell’ipotesi di un secondo lockdown. Ipotesi tutt’altro che remota, considerando il riemergere di nuovi casi in Asia (in Cina il focolaio di Pechino sembra essere stato domato, ma il Giappone sconta la fine dello stato d’emergenza con 55 nuovi contagi nelle ultime settimane), Europa (la Germania ha chiuso il distretto di Guetersloh, nella Renania del Nord Westfalia, dopo centinaia di nuovi casi tra gli operai di un mattatoio) e Usa.
Sarà bene dunque provvedere alla liquidità necessaria affinché tutti gli stati chiamati a combattere contro il virus abbiano le risorse adatte per farlo: l’Fmi richiama alla cooperazione internazionale, fondamentale per intervenire sul debito degli stati e per costruire una “rete di salvaguardia finanziaria”. Di qui, un appello più ampio alla comunità internazionale: favorire un contesto economico-commerciale non ostile, “cooperare per risolvere tensioni tecnologiche e globali che mettono in pericolo un’eventuale ripresa dalla crisi Covid-19” (chiaro il riferimento a Cina e Stati Uniti: solo ieri il presdiente Usa Donald Trump ha dovuto rassicurare i mercati sulla tenuta dell’accordo commerciale firmato a gennaio tra le due superpotenze).
Cosa dicono i dati dei singoli paesi?
Per l’Italia, la situazione non è meno fosca: entro il 2020 il Pil nazionale subirà un crollo del 12,8%, per poi recuperare l’anno successo solo il 6,3%. Nell’ultimo report, le stime erano più ottimistiche: Pil in calo del 9,1% nel 2020 e rimbalzo del 4,8% nel 2021.
Si tratta delle stesse identiche cifre della Spagna, per cui però la differenza rispetto al report di aprile è più profonda: fino a tre mesi fa, infatti, il Fmi prevedeva un calo del Pil spagnolo quest’anno dell’8%, oltre a tenere in considerazione il fatto che, nel 2019, mentre il Pil dell’Italia era aumentato appena dello 0,3%, quello della Spagna aveva guadagnato due punti percentuali.
In Europa, il paese più colpito sarà comunque il Regno Unito, il cui Pil nel 2020 potrebbe crollare di oltre il 10%, per poi rimbalzare nel 2021 solo del 6,3%. Relativamente meglio invece la Germania, dalle capacità di ripresa migliori: l’economia rallenterà del 7,8% nel 2020, ma già l’anno prossimo si riprenderà del 5,4%.
Tra le principali economie mondiale, gli Stati Uniti perderanno entro la fine dell’anno l’8% del Pil, per poi recuperare nel 2021 con una crescita del solo 4,5%; il Giappone limiterà le perdite al 5,8%, ma la ripresa sarà lenta (+2,4% nel 2021); infine, la Cina è l’unico paese a segnare una crescita nel 2020, per quanto contenuta: +1%, laddove nel 2019 il Pil cinese era cresciuto del 6,1%.
Come hanno reagito gli indici globali?
Il taglio delle stime del Fondo Monetario Internazionale si è abbattuto su Wall Street, facendo sprofondare gli indici in apertura: il Dow Jones segna al momento un ribasso del 2,49%, l’S&P500 perde il 2,49% e anche il Nasdaq, dopo i massimi di ieri, lascia sul terreno il 2%.
Negativi inoltre i dati sulle scorte di petrolio, che secondo l’Eia (Energy Information Administration) nell’ultima settimana sono aumentate di 1,442 milioni di barili – a fronte di un aumento atteso di soli 299 mila barili. Le scorte superiori rispetto al previsto, l’aumento di casi di coronavirus negli Usa (si calcola che la media settimanale dei nuovi casi negli Stati Uniti sia aumentata del 30% in sette giorni) e, ora, la revisione al ribasso della crescita economica hanno spinto al ribasso anche il prezzo del petrolio: il Wti al momento viene scambiato per 38,17 dollari al barile, un calo del 5,45%, mentre il Brent viaggia a quota 40,42 dollari (-5,18%).
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